Petra la città rosa, capitale dei Nabatei

15 Luglio 2018

Petra
è il giorno tanto atteso da anni... 
definita anche la citta rosa 
Fondata dai Nabatei, i quali fondarono altre città uguali, altrettanto belle se non di più; ne è un esempio l'Arabia Saudita dove si trovano Mada'in Salih e AlMu'tadil le gemelle di Petra. 

Alle 5.38 in strada, 6.30 parte il pullman... tre ore e mezzo e si arriverà a Wadi Musa. 
La porta del piccolo ostello è chiusa, dietro la recepcion il giovane ragazzo dorme su una brandina, mi tocca svegliarlo. Con la faccia di chi è stato svegliato da un terremoto, prima di capire dove si trova, mi viene ad aprire. 1 km circa di strada svuotata, un leggero venticello e le luci del mattino che si confondono ai lampioni, 13 minuti di camminata e sono davanti all'ufficio della Jett ancora chiuso ma con altre valigie ad aspettare. 
Un ragazzo mi conferma che aspetta anche lui il mezzo per Petra. 
Alle 6 in punto apre la biglietteria, siamo dentro a fare i tickets. 
Con questo ragazzo che porta una barbetta accennata e corti pantaloncini verdi ci guardiamo mentre ci sono persone che arrivano e ci passano avanti, il culmine con un ragazzo che fa da tramite a tre russe, tanto belle quanto insipite. 
Esce il mio lato sardo, metti in coda please. 

Viaggio in bus poi neanche tanto male, sarà che io tre quarti di tragitto me li faccio in compagnia del mio amato Morfeo, ma mi sveglio solo alla sosta del pullman in una specie di area di servizio mediorientale. 

Dopo l'ultimo tratto di strada con curve, si arriva nella piccola cittadina di Wadi Musa, il pullman prosegue fino al sito archeologico. Una volta sceso dal bus e preso il mio zaino mi riunisco a Rodrigo, il ragazzo della biglietteria, un trentacinquenne di Sao Paolo in Brasile che vive e lavora a Londra; anche lui viaggia da solo. 
Ha una prenotazione per un campo tendato beduino, mi mostra la prenotazione e gli dico che è distante da qui a piedi, è sulla strada per la piccola Petra, scomodo secondo me alloggiare li, perché ogni volta ci sarebbe da prendere il taxi per andare a riposare. Giacchè il sole e il caldo nelle ore di punta soffocano, potrebbe essere utile rientrare un paio di ore in camera e per fare questo quanti taxi deve prendere? E di conseguenza quanto va a spendere? 
Giacchè io ho prenotato due hotel a pochi metri dalle porte di accesso al sito, mi offro di cedergli una prenotazione, quella più economica. 



Accetta e mi segue nell'hotel che ho scelto per me. 
Faccio check-in e lasciamo entrambi i bagagli in consegna al fattorino che li porterà nella mia camera una volta pronta. 

Andiamo a fare check-in anche per Rodrigo nell'altra struttura distante solo una quarantina di metri e decidiamo di entrare subito a visitare la città nabatea. 

Jordan pass alla mano passiamo un metal detector, ufficio informazioni per una mappa del sito e si va. Iniziamo il percorso sabbioso che ci porterà all'ingresso più affascinante. 

Petra è un sito archeologico tra i più famosi, venuto fuori nel deserto sud-occidentale della Giordania, è una città scolpita nella roccia, uno dei luoghi più magici che esistano al mondo; la sua scoperta è  piuttosto recente, l'esploratore Johann Ludwig Burckhardt rivelò al mondo occidentale la sua scoperta nell'800.
La città rosa, come è stata ribattezzata Petra, divenne la Capitale dei Nabatei, un popolo di cui si hanno poche notizie certe e che presero possesso di tutta la terra degli Edomiti, compresa questa città, subentrandogli nei traffici mercantili una volta che questi si spostarono nella Giudea meridionale. I Nabatei diventarono padroni del golfo di Aqaba e dell'importante approdo di Eliath, fino a spingersi a nord in zone più fertili dell'area orientale del fiume Giordano. I nomi propri della loro iscrizioni suggeriscono che essi furono autentici Arabi che avevano subito influenze aramaiche. 

Petra fu abbandonata e fu praticamente dimenticata fino all’età contemporanea, nonostante le sue antiche cavità siano state dimore dei beduini. 
Intorno a lei ci sono infinite leggende. Secondo gli archeologi sotto l’attuale città, coperta dalla sabbia del deserto, ne esiste un’altra altrettanto maestosa, ancora da scoprire.

Nel sito ci si muove solo a piedi o a dorso di cavallo, mulo o dromedario. 
Camminiamo tra cavalli e beduini che ci offrono il servizio dell'animale, che sarebbe compreso nel prezzo del biglietto, è la sua presenza che si paga! 
Ringraziamo e andiamo avanti. 
Ci inoltriamo nel Siq, così chiamato il lungo e profondo canyon formatosi tra due rocce probabilmente divisesi dopo un tremendo terremoto.






All'improvviso dinanzi ai miei occhi si apre uno dei più bei monumenti di Petra, il Khasneh, il Tesoro, la cui facciata è incisa nella roccia.






In tutta l'area del sito sono stati classificati più di 800 monumenti di cui 500 sono tombe. 

L'emozione è grande di fronte a qualcosa che la mia mente non riesce a spiegare, una facciata creata intagliando la roccia che da accesso a una cava. 

Continuiamo la visita a questo posto affascinante con l'idea di vedere solo la parte iniziale e poi andare a riposare e mangiare qualcosa, giacché siamo digiuni con solo un tea nello stomaco, ma la curiosità e la bellezza del posto ci spingono sempre più avanti, fino al teatro. 
Tra una foto e l'altra ci scambiamo molte informazioni su ciò che ognuno di noi sa di Petra. 



Maestose si affacciano sulla spianata le tombe reali, passeggiando per la strada colonnata raggiungiamo il Grande Templio. 





Perenne la richiesta dei beduini di accompagnarci a dorso di mulo fino al Monastero. 
Tanti i dromedari fermi sotto il sole cocente. 






Di fronte a noi la spianata va a terminare in un punto ristoro, grande il Castello della Ragazza con annessa tomba incompiuta, mentre osserviamo ci avvicina un tipo bassino e buffo, chiede dove sia il Castello e io indicandoglielo gli dico che siamo al castello, non è convinto.
Lui è Nelson Javier cileno di quasi sessant'anni in viaggio da solo, dopo la Germania è sceso in Giordania e proseguirà per Il Cairo, in Egitto. Insiste sul fatto che il castello non è quello, rispondo con una lingua a metà tra spagnolo e italiano -"niño se già lo sai che me lo chiedi a fare?" - e lui in italiano con forte accento cileno risponde "es che non lo so!" alzando un po' la voce, io mi sdraio dalle risate. 
Alla fine si convince e si aggrega a noi che decidiamo di riposarci un po' dalla calura in questo bar ristorante. 

Improponibili i costi di una bevanda. 

Insieme tutti e tre decidiamo ormai di salire anche al Monastero e di vederlo col sol calante. 
Io ho un sonno che adesso mi sorprende ogni qual volta mi siedo. 
La vecchiaia. 

Deciso: 
Monastero! 

Inizia la salita... si parla di 800 gradini nella roccia, a me sembrano 8000!!! 






Ma è uno spettacolo dell'ingegno dell'uomo unito alla fomidabile bellezza della natura. 
Si sale senza sosta, ad occhi pieni, bocca aperta e gambe dure. I piedi spingono nonostante il cuore batta all'impazzata. 
Il caldo è nemico ma speso la roccia amica ci regala pezzi di strada all'ombra. 


Qualche mulo sale con turista sul garrese. Qualche tenda con souvenier. 
1 JD per l'acqua, finalmente un beduino economico. 

Mi sento Indiana Jones e l'ultima crociata alla ricerca del Sacro Graal, alla fine della scarpinata mi viene in mente Sean Connery che rivolgendosi ad Harrison Ford nel film dice "improvvisamente mi sono ricordato il mio Carlo Magno: "Lasciate che i miei eserciti siano le rocce, gli alberi, e i pennuti del cielo". 

Il Monastero lascia ancor più senza fiato... è immenso! 
Una roccia scolpita fin nei minimi dettagli, lascia senza parole e infatti cercare di descrivere ciò che vedo e l'emozione che sento nel trovarmi nel bel mezzo di 3000 anni di storia dell'umanità è, quanto meno, complicato. 




Il trio latino, io, il brasiliano e il cileno siamo stanchi, sudati ma con occhi sgranati, testa rivolta in alto e bocca spalancata. 

Ci muoviamo da ogni parte del piazzale antistante il Monastero. 
Di fronte c'è un bar con delle panchine rivolte al monumento con tipici, impolverati e comodi cuscini. 
Con una barretta di cioccolata io e delle patatine in busta il bianco di San Paolo ci sediamo tutti e tre di fronte a questa meraviglia del mondo moderno. Il sole è alto, forte, brucia la pelle, nostri cappelli sono sudati, i nasi arrossati, le ginocchia impolverate; la mente è felice, come quei bambini che sporchi non pensano alle conseguenza che avranno quando mamma li vedrà. 



Sto di un bene che non potevo immaginare. Ho trovato de compagni di viaggio incredibili con i quali mi sono legato subito e, come mi ha detto Rodrigo, sembra di conoscerli da anni. 

Mentre il basso cileno, con capelli bianchi sparati come un bambino, orecchie a sventola e una barbetta nemmeno accennata, un pelo ogni 6 cm di pelle, parla parla parla come una radiolina, io in mezzo ai miei due amici crollo in un sonno profondo. Tanto profondo da non riuscire a disturbarmi nè il piccolo Nelson nè la miriadi di mosche che sorvolano la mia testa. 
Di fronte ho il Monastero Al-Deir illuminato dal sole. 
Location fantastica per riposare. 

Passiamo tutto il pomeriggio qui ridendo, scherzando, raccontandoci di noi e di Petra. 

Alle 19.00 il tramonto tarda ad arrivare ma lo stesso l'inizio del sole calante ci regala dei colori romantici da sogno. 

Iniziamo la discesa tra le caprette dopo altre foto e dopo aver inseguito il cappello di Rodrigo che scappava spinto dal vento che alzava polvere. 



La discesa è in un clima silenzioso e deserto, siamo rimasti gli unici nella scalinata di Al-Deir, non ci sono nemmeno i venditori ambulanti. 
Tutto questo è magico e porta a riflessioni interiori, ad ascoltarsi dentro. 

Ripercorriamo tutto il sito archeologico illuminato da una luce diversa, il caldo non ammazza più, ora resta la polvere tra le labbra e la gola. 




Incontriamo un messicano che scende e proseguiamo in quattro. 



Breve sosta nell'unico stand beduino aperto, finale dei mondiali, giusto il tempo di vedere il quarto goal dei francesi e i beduini esultare e ripartiamo. 



Uno spicchio di luna in un cielo limpido ci accompagna. 
I piedi bollono. 

Siamo felici. 

Nelson, il cileno, alloggia nel mio stesso hotel, come detto Rodrigo poco più avanti. Restiamo d'accordo che alle 21.30 ci incontreremo nella hall dell'hotel La Maison e ceneremo insieme nel suo ristorante. 
Ora togliamoci questa polvere di dosso come si fa con le persone tossiche. 

La cena non è un granchè, però essendo a buffet noi ne approfittiamo. Troviamo alcuni vassoi quasi vuoti, Nelson si chiede il perchè... sono le 22.00 e non tutto il mondo cena come noi latini. 

Stanchezza davvero tanta che nemmeno ci salutiamo, raggiungiamo i nostri letti con la promessa di vederci il mattino seguente alle 11.00. 

Petra... un sogno! 



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