Tra incidenti e incontri

06 Luglio 2018

Ben svegliata Jerico! 
Ieri sera nel mio momento relax rientrano due francesi, l'olandese che sta in camerata con me e il turco e dei ragazzi del posto. Questi palestinesi parlano tutti un po' d'italiano, hanno un aggancio a Sassari e preparano la Visa per andare nell'area Schengen. 

Il turco mi offre un ottimo tea indonesiano. 
La nottata scorre fresca grazie al condizionatore acceso e dormo come un bambino nel grembo materno. 
La sveglia è alle 7.30 ora locale, in Italia 6.30, entra una bella e forte luce dalle finestre; in più l'olandese va via e fa un po' di rumore nello scendere dal letto che scricchiola. 
"Good morning!", con faccia assonnata e di primo risveglio rispondo testualmente "a te". 

Uscire dalla camera è uno shock, mi accoglie un'aria calda tipo phon... scendo al terrazzo per la colazione che è a dir poco abbondante... hummus, yogurt con aggiunta di spezie, timo prevalentemente, uovo, una marmellata così buona che batte le mie amate marmellate marocchine, halawa, che in arabo significa semplicemente dolce, è un preparato di tahina ovvero una pasta base di semi di sesamo, molto conosciuto nel Mediterraneo orientale; simile ma non con tahina è quella famosa e usata in paesi quali Pakistan, India passando dai Balcani. Il suo uso spesso è dettato da necessità religiose essendo considerata povera, ovvero senza carne o latte e quindi in Israele, ad esempio, viene consumata rispettando il Kansherut, le regole alimentari ebraiche, ed appunto non contiene farina o semolino ma tahina. 
Fatto sta che è molto buona e mi do alla pazza gioia! 
Mentre programmo per grandi linee la giornata, perché l'imprevisto è sempre dietro l'angolo e a me la piega inaspettata che può prendere una mattinata all'apparenza calma e tranquilla piace; 
bevo ancora tea alla menta e osservo la teleferica che sale al Monte delle Tentazioni, dove la Bibbia narra che venne provato Gesù dal maligno. 
Uno dei miei obiettivi di giornata è appunto il monte Jebel Qarantal o Monte della Quarantena, aspra solitudine che si erge sull’infuocata pianura di Gerico nel punto della massima depressione terrestre, meno 240 sotto il livello del mare in una posizione comunque favorevole visto che ha una discreta disponibilità d’acqua. 
Il picco si eleva circa 500 metri sulla vallata del Giordano, e tutto il monte chiude verso occidente questa vallata sovrastante Gerico; il luogo è sempre stato più o meno deserto, e solo dal secolo V le grotte che s’aprono numerose lungo le pendici del monte servirono da stabile dimora a monaci bizantini. Verso la fine dell’ottocento, la dove c’erano le grotte degli eremiti,  è stato eretto il monastero greco-ortodosso della Quarantena. 
Sono nel Deserto di Giuda, luogo dove avvennero molti fatti storici della tradizione non solo Cristiana: 
Mosè si preparò alla grande missione che Dio gli voleva affidare;
Il profeta Elia, sfiduciato per la quotidiana lotta contro i nemici di Dio, si ritirò per ritemprare le proprie forze spirituali per tornare poi alla lotta con nuovo ardore;
Questo deserto di Giuda viene anche considerato il luogo dove Giovanni Battista si preparò alla sua missione. 
Il deserto è il luogo privilegiato dell’incontro con Dio. 
Ma chiusa la breve parentesi da ora di IRC (insegnamento religione cattolica), continuo a bere tea e a sudare da seduto mentre un gatto mi gira intorno in cerca di pietanze (finite n.d.r.) e un gallo continua a dare il suo buongiorno. 

Si sta bene qui fuori e senza essermi ancora mosso sento il profumo di 10mila anni di storia. 
In tanti l'hanno voluta e anche conquistata Jericho nei secoli. 

Tramite gli scavi di Tell es-Sultan si arriva in prossimità del monastero. Chi sceglie di andare a piedi, al ritorno, può rinfrescarsi con l’acqua di un piccolo canale, all’ombra di vecchi sicomori, l’ingresso di questo giardino si trova a sinistra del chiosco di bevande posto all’inizio del sentiero che conduce al monastero.
Proprio un ragazzino nel chiosco mi dice che ho tre soluzioni, strade,  per salire al monte e mi indica una dicendo "fast"... "ok, shukrâ", mi incammino e a metà strada, scalinata in salita, esclamo "effess, fast fast u' c..." (nota espressione di sdegno potentina).
Il monastero attuale fu costruito nel luogo del  precedente, di epoca crociata, del XII secolo, nel luogo in cui Gesù digiunò e meditò per 40 giorni, resistendo alle tentazioni di Satana. 
Sorge circa 350 metri sopra Gerico, sul Monte Quruqul, in una cappella ricavata in una grotta si può vedere la pietra su cui Gesù sedette durante la tentazione. 
Per arrivare all'ingresso si sale un'infinità di scalini e, una volta sopra sudato e accaldato (tra sole e umidità ne percepisco 50 di gradi), il custode mi urla che con il pantaloncino, seppur da basket, non posso entrare; ma io mi sono premunito e nella sacca ho la tuta, che infilo ed entro. 
Il luogo è fresco e stretto, in pratica la facciata che si vede dalla valle è costruita proprio sul dorso della montagna, in corrispondenza della grotta dove Gesù sedette per 40 giorni e 40 notti. Poco più avanti alla grotta si entra nella cappella ortodossa, dove trovo un sacerdote talmente anziano che mi pare abbia 200 anni, capelli e barba bianchi e lunghi, un po' oliosi, una lunga tunica marrone, una gobba visibile che spunta da uno stretto torace e due caviglie molto gonfie che gli rendono difficoltoso il passo; soffre il caldo, davvero estenuante, e cerca riparo nell'atrio antecedente la cappella. 


Una volta fuori incontro tre ragazzi intendi a fare una foto che mi guardano, Jamil è vestito "all'americana", lunga t-shirt e berretto da baseball, dice una parola e capisco essere italiano, cosa che lui aveva capito di me solo per come sono vestito; gli altri due sono Karim e Fahed, il primo fratello di Jamil e il secondo il cugino. 
Jamil e Karim sono due ragazzi di 18 e 21 anni che vivono a Fermo, prima stavano proprio nella mia amata Urbino; 
Chiacchieriamo tanto sui temi palestinesi e mi invitano a casa loro a Tulkarem, non lontano da Nablus. 
Mi raccontano che per loro non è sempre liscio entrare in palestina, essendo appunto per metà arabi vengono subissati di domande ogni volta da parte dei coloni. 
Foto di rito e ci lasciamo con la promessa di vederci presto... e sarà più presto di quanto pensiamo. 
Scendo le miriadi di scale sotto il vento bollente e arrivo a valle dove decido di avviarmi verso il Palazzo di Erode, infatti Jericho fu conquistata dai Romani e usata come pegno d'amore da Marco Antonio per Cleopatra, la quale a sua volta la cedette a Erode il Grande. 
Questa mia scelta si rivela una cazzata, in quanto mi perdo nelle miriadi di strade e stradelle della campagna di Jericho, unico punto di riferimento il monte, da cui sono sceso, alla mia destra; se continuo arrivo in Egitto!!! 
Vabbè, con questo asciugacapelli gigante perennemente sparato sul mio viso e la sete sempre più forte, decido che a fiducia il palazzo di Erode è bello; provo a tornare almeno sulla strada principale continuando a perdermi tra case in costruzione e tende di beduini. Le strade sono deserte, è venerdi! 

Eccola... la strada principale! 
Uff... che fatica... mi asciugo il sudore sulla fronte e mi sento chiamare a gran voce "Fabriiii, qui"... mi volto e da un'auto bianca spunta Jamil, il ragazzo marchigiano-palestinese. Mi chiedono dove sto e andando e se mi va di aggregarmi a loro per il pranzo e per vedere un posto figo. 
Accetto volentieri. 
L'auto è di Samer un altro loro cugino. 
Ecco qui quello che dicevo in mattinata... l'episodio che da una piega diversa, bella e inaspettata al viaggio. 
Nulla avviene per caso, specialmente in questi luoghi. 

Salgo in auto direzione centro, pochi negozi aperti di venerdi, scegliamo il meno peggio e prendiamo 5 shawarma (quello che noi, erroneamente, in Italia chiamiamo kebab e che comunque non hanno nulla a che vedere) e acqua a secchiate. 
Nel localino ci sono già seduti tre occidentali, una ragazza e due maschietti, che mi guardano, quasi mi fissano. Loro discutono in inglese e sono incuriositi da noi che parliamo mischiando italiano, inglese e arabo. 

Usciamo e ci dirigiamo fuori città verso sud-ovest, passiamo una caserma della polizia dell'ANP (autorità nazionale palestinese) e ci inerpichiamo su stradine che a dire dissestate si fa un complimento, stradine buone per un 4x4 o per la mia Triumph. 

Quello che vedo è a dir poco magico, una montagna desertica, ai più inospitale, luogo da sempre casa dei beduini. 
Qui l'unica fonte di sostentamento sono le capre, perchè si arrampicano dappertutto e non necessitano di molto cibo o nutrienti particolari, si arrangiano da sole, ma producono latte e quindi formaggio, che può essere rivenduto e all'occorrenza anche carne. 
Ne vediamo molte al pascolo. 
Stiamo andando nel Wadi el-kelt, ma prima di raggiungere il wadi vero e proprio si deve attraversare le proprietà dei beduini: piccole casette, un paio di galline, qualche albero di ulivo. 
Penso a quante cose non necessarie possediamo, quanto perdiamo con il nostro essere sempre di fretta, seguire la moda, la pubblicità, volendo sempre di più, quanta energia sacrifichiamo per cercare le cose superflue, tutto questo dimenticando, che “la vita e’ come un treno - maggiore è il bagaglio, più difficile è il viaggio”. Una casa semplice sulla riva del wadi e l’immagine di una famiglia mi porta a pensare al significato della vita. 
Ci fermiamo dinanzi a una specie di porta con una croce e un'insegna in greco, posta li in mezzo al nulla apparentemente, credo che entreremo invece è solo una sosta dove Karim approfitta per prendere da un ambulante un bicchiere di aranciata appena spremuta; 3 shekel dice, ne chiedo una anche io, le arance sono invitanti. Verrebbe 6 NIS... mi impunto per voler pagare io, dopo che mi hanno anche offerto il pranzo, e allungo una banconota da 20 NIS, aspettando il resto, ma non comprendo che in arabo il ragazzo mi dice che va bene cosi. 
A questo punto mi rendo conto solo che Fahed con tono perentorio si fa ridare i miei 20 Shekel e s'incazza, gli urla che lui è arabo e che non si ruba ai fratelli palestinesi, aveva detto 3 a bicchiere! 
Il ragazzo del carretto insiste... Fahed non molla e dice che non gli interessa dei soldi ma lui deve essere preciso sul prezzo e non fregare quelli che gli sembrano stranieri, prende 6 shekel e glieli porge, ma l'ambulante rifiuta. A questo punto il bicchiere di arancia diventa 5 NIS, Fahed allunga una moneta da 10 NIS e arrabbiato saluta infilandomi nel marsupio la mia banconota da 20.
Taccio. Fahed mi sembra alquanto incazzato!
Nel Wadi el-kelt c'è il monastero di San Giorgio, ho il presentimento che quella porta fosse l'ingresso per il sito. 
Ma noi continuiamo per il deserto dove c'è una fonte naturale di acqua. 
Ci arriviamo e troviamo due beduini e un dromedario. 
L'auto non può scendere quindi proseguiamo a piedi per tre km mentre Samer attenderà il nostro ritorno.  
Il momento è goliardico, Fahed, che è un ragazzo dalla folta barba rossa e indossa jeans e cappellino color della barba, inizia a correre verso il canyon urlando felice, quasi volesse dimostrare la sua gioia bel mostrare la sua terra cosi particolare e ricca di storia. I cugini lo seguono a ruota, io sono troppo vecchio per spendere energie sotto questo caldo asfissiante... li seguo con lo sguardo come farebbe un padre con i propri figli. 
Indosso la mia kufiya sul capo per evitare l'eccessivo calore, Jamil mi fa uno dei piú bei complimenti "sembri Vittorio" (Arrigoni ndr).

Dietro abbiamo una sola bottiglia di acqua per quattro! 


La strada che ci conduce tra una vecchia rovina, forse di un acquedotto, è suggestiva, tra scalini, pietra e capre si apre questa oasi con acqua e piccole cascate. 
Sul posto ci sono già dei palestinesi che sembra conoscano già Fahed, è un luogo dove rilassarsi e refrigerarsi lontano dal caldo estivo che qui è a tratti insopportabile. 
Siamo in mezzo a un vero e proprio canyon scavato da acqua che sorge dalla roccia. 
I ragazzi che bivaccavano qui prendono, con reti di fortuna quali le loro kufiha, piccoli pesciolini e qualche granchio, ci offrono acqua o coca cola, che avevano portato per il pic-nic fuori porta. 




Ci spogliamo e infiliamo le caviglie in acqua.... è gelida!!! 
Ma un toccasana per quei piedi malandati dal caldo e dai chilometri. 

Non so quanto tempo passiamo qui tra risate, scherzi in acqua, pesca e discorsi sulla Palestina, ma il pomeriggio rimarrà tra i più belli della mia vita; mi hanno aperto un mondo, il loro mondo di amici e parenti e mi ci hanno fatto sentire a casa, incondizionatamente. 
Ci asciughiamo e ritorniamo su... 3 km di salita che non sembrano poi cosi tanti. Mi avvio anticipando i miei amici di una trentina di metri, vanno via i palestinesi e stanno arrivando gli israeliani; eppure questa è Cisgiordania, territorio palestinese, ma come posso notare, il palestinese ha limiti alla sua libertà, non può andare in territorio occupato dai coloni, mentre i coloni si muovono come e quando vogliono per tutta quella striscia di terra che va da Haifa fino al valico di Eliat passando ovunque gli aggradi. 
Prima ho notato 3 ragazzi sionisti fissarci e fotografarci; poi mentre camminavo sulla via del ritorno un israeliano mi parla, esordisce in ebraico e quando in un inglese maccheronico dico di non capirlo lui, mi parla in inglese e mi fa una serie di domande con fare inquisitorio, che in tempi non sospetti mi avrebbe fatto rispondere in malo modo; ma qui devo ricordarmi di essere il più diplomatico del mondo. 
Tra le domande mi chiede da dove vengo, Italia, perché sono li, turismo religioso, e chi sono i miei amici, sono solo non ho amici; mi da la mano soddisfatto e mi dice che sono il benvenuto. 

Karim mi avvicina e nervoso mi chiede cosa volessero da me e li apostrofa. Io gli dico di stare tranquillo e insieme al fratello e al cugino di tapparsi la bocca per non incorrere in pericoli inutili. 

Qui gli israeliani non potrebbero edificare, secondo gli accordi internazionali, ma il fatto è che costruiscono insediamenti, tutti in alto rispetto ai palestinesi da tenere  sotto in tutti i sensi. E la particolarità sta nel fatto che l'insediamento di per se è illegale ma è costruito in modo lecito, perchè la terra non è presa con l'uso della forza, bensì comprandola; ed è lecito comprare un pezzo di terra edificabile e costruirci sopra, per di più che gli israeliani quando fanno l'offerta, oltre a proporre quattro volte il valore del terreno con casa annessa, danno un altro alloggio in Gerusalemme dove il palestinese che vende può alloggiare vita natural durante. 
Bella guerra psicologica e di moneta. 

E proprio qui all'inizio del deserto, a un passo dal Mar Morto e da Mitzpe Yeriho, sorge in pieno territorio palestinese uno, dei tanti, villaggi israeliani illegali. 
Ben posizionato in altura, con vedette a fare da contorno. 
La chiamano sicurezza. 


La politica israeliana di insediare civili in territori occupati viola il diritto internazionale umanitario. 

All’inizio dell'anno, il parlamento israeliano ha approvato una legge che consente al governo di requisire terreni privati palestinesi su cui sono stati costruiti degli insediamenti. 
Questa legge compromette la possibilità dei proprietari di reclamare le loro terre su cui vivono i coloni, nonostante la presenza di questi ultimi sia considerata illegale dal diritto internazionale.

Israele impone limitazioni alla libertà di movimento dei palestinesi residenti nella Cisgiordania occupata: posti di blocco, interruzione delle strade, strade per soli coloni, ostacoli causati dal muro o barriera di sicurezza. Israele impone inoltre gravi restrizioni all’ingresso dei palestinesi a Gerusalemme Est, annessa illegalmente. Le limitazioni alla libertà di movimento nella Cisgiordania occupata sono imposte principalmente per proteggere gli insediamenti e i loro abitanti, per migliorare i collegamenti tra gli insediamenti e Israele e per creare spazio destinato a future costruzioni ed espansioni. 

Ho vissuto in un auto dove la paura la faceva da padrone, paura di sbagliare il preciso istante per entrare in corsia autostradale dalla corsia di accelerazione, o di non aver la cintura di sicurezza anche dietro, per carità giusta la cintura ma chi di noi in Italia la mette anche dietro e soprattutto quanta paura avete di essere multati? Qui si ha paura di finire in galera o sparati, per una cinta o una freccia non messa. 

Questo perché le sacre scritture parlano di amare il prossimo, ma chi é il prossimo per Israele? 

Oggi ho fatto la conoscenza della superbia, della supponenza e dell'egoismo ebraico.  

Costeggiamo il Mar Morto, insegne sulle pareti rocciose indicano a quanti metri sotto il livello del mare andiamo; voglio fare una foto, ma nel momento di fermarci, Samer esclama che non si puó, sotto il guard rail c'é qualcosa di israeliano... roba da pazzi! 
Questa é la democrazia piú rodata al mondo? 
un popolo, israeliano, libero anche di entrare in "casa" altrui e farla da padrone e un altro popolo, palestinese, costretto a vivere con una serie di divieti e paure in casa propria. Assurdo. 
Qui Israele ha preso tutti i siti turistici, chiamali fessi! 

Rientriamo a Jericho, passando per un incidente stradale, sul posto l'esercito ancor prima dell'ambulanza;
 i miei compagni di gita mi lasciano a pochi metri dal mio ostello, ci salutiamo affettuosamente e con Jamil e Karim ci diamo appuntamento a casa loro, che sia la Palestina o l'Italia. 

Compro dell'acqua e un paio di scatolette e mi ritiro. Ho bisogno di una doccia, che qui a Jericho é sempre bollente fin dal mattino, il caldo riscalda i tubi ed esce acqua veramente bollente. 

In camerata incontro una tipa, ci osserviamo e salutiamo, é Laura di Bologna, 24 anni studia a Haifa. Era lei con i suoi due amici tedeschi che oggi ci osservavano incuriositi a pranzo, avevano sentito parlare a tratti italiano. 
Un breve scambio di opinioni con la giovane, che mi lasciano sgomento; per lei Israele ha la giustificazione, a tutto ció che fa, nella Shoah. 
Replico poco e nulla, sono troppo stanco e pensieroso per intavolare l'ennesimo discorso politico-sociologico. 
Abdico! 

Doccia e birra... la mia giornata finisce con la notizia di un mega incidente a Gerico,  20 persone interessate mini bus e una macchina. 

Mi siedo in terrazza mentre tutti dormono e mi godo i grilli e il quarto di luna nel cielo della Cisgiordania. 

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