Un tuffo dove l'acqua e più ... salata

14 Luglio 2018

Puntuale alle 7.50 sono in terrazza, trovo il tassista vestito bene con capelli ingellati, il crucco manca all'appello. 
Arriva vestito di tutto punto, giacca cravatta e capello limpido, se si faceva anche quel po' di barba poteva andar meglio, ma sempre crucco è. 
Ready? 
Si, partiamo. 

Metto lo zaino nel bagagliaio della Corola, il tassista pensa di aiutarmi invece fa solo danni, mi viene una fitta sotto la scapola... oh no! 
Tornata la mia perenne contrattura muscolare... che noia! 

Stare seduti dietro poi non aiuta, in quanto la Toyota si abbassa repentinamente dietro e con la testa io e crucco tocchiamo il tettuccio, ragion per cui stiamo con la testa abbassata.
Bell'inizio. 

Scendendo sotto il livello del mare non è proprio piacevole oggi, sarà che si tappano le orecchie, sarà che il driver fa le curve alla Hamilton, sarà sto dolore alla scapola, ma non vedo l'ora di scendere dal mezzo. 

Per strada un paesaggio brullo e insediamenti tendati di beduini. 
Lasciamo prima il tedesco all'Hilton Hotel dove ha una conferenza con la sua Università che inizierà alle 9.00; Super controllo dinanzi all'Hilton, documenti personali, del taxi e apertura del bagagliaio... ma dobbiamo solo lasciare l'alemanno! 

Scende il biondo e proseguiamo per la mia destinazione, voglio godermi la vista in silenzio, anche perchè siamo di primo mattino e il mio cervello ha il fuso orario italiano, perciò le 7.00a.m.; niente l'autista non smette di parlare per capire dove andrò in seguito e darmi il suo bigliettino da visita. 

Mi faccio portare al "Amman Beach" uno stabilimento balneare giordano con piscine, bar, ma soprattutto spogliatoio con doccia, essenziale per la fine della giornata. 
20 JD l'ingresso, ed è il più basso di tutto il litorale. 
Uno sguardo al mare salato, prendo un tea, mi siedo, sono solo in un silenzio surreale, non sono nemmeno le 9.00 del mattino, attorno a me solo i ragazzi della struttura impegnati a sistemare piacine e sdraio per l'avvio della giornata, del week end. 
Il sole sembra non ci sia, però sento la maglietta che si appiccica al corpo, ogni tanto sbircia tra questa strana foschia e si fa sentire, cuoce. 
C'è un'aria afosa mista a zolfo, a tratti l'odore che raggiunge le narici rimembra ricordi delle solfatare di Pozzuoli. 

Devo cercare dove lasciare lo zaino e spogliarmi, il caldo è già tanto. 

Per l'armadietto ci vuole una chiave, che si prende alla bottega di fronte dove sembra non ci sia nessuno, il ragazzo è accovacciato in un angolo al ventilatore; 5 JD di cauzione, ho 50 JD intera e 2 JD, prende i 2 e mi da un bigliettino come promemoria. 
Mettere lo zaino nell'armadietto pare impossibile, non per zio Fabri; lo apro, sfilo le due aste che lo tengono teso alla schiena e a mo di tetris infilo vestiario e beauty, un pantaloncino e vado. 

La lunga discesa verso l'acqua mi regala la vista della Palestina dall'altro lato del bacino; la costa è dura con scoglietti bianchi formatisi dal sale. Trovo già un gruppo, tedesco credo, le donne in preda ai fanghi (3 JD) si divertono e aiutano tra loro a ricoprirsi il corpo, gli uomini seduti di fronte al mare. 

La prima cosa che faccio è immergermi in questo posto tanto desiderato e famoso... eccallà... si galleggia! 
È una figata pazzesca ma, attenzione, se l'acqua arriva in viso, occhi, naso o bocca, l'avventura è un po' spiacevole. 
Esco e aspetto al sole che il mio corpo si asciughi un po', poi mi cospargo anch'io di fango, giacchè siamo qui. 
Un asiatico arriva e guardandomi, ride e mi chiede se può fotografarmi. Ok. 

Dopo qualche minuto diventa secco il fango sulla mia pelle e mi ri immergo nel Mar Morto.
Un po di relax In quest'acqua piena di minerali (e bromuro!!! Ahahah), qualche lettura interessante e qualche foto con un gruppo di spagnoli di Saragozza e non resisto più, salgo a fare la doccia e togliere tutto il sale e il fango. 

Mi rimane uno strano odore sulla pelle, si dice che gli effetti benefici siano molteplici, le cure e i trattamenti presso il Mar Morto sono molto utili e consigliati da moltissimi medici. Favorevoli le condizioni ambientali. Il Mar Morto rappresenta un serbatoio unico di sali che fornisce un potenziale speciale per balneoterapia all’aperto.
Temperature uniformemente calde, un basso livello di umidità relativa, alta pressione barometrica, aria ricca di ossigeno, atmosfera ricca di bromuro e sali minerali presenti nell'acqua, rappresentano un valido aiuto per il miglioramento delle patologie e il benessere generale dei bagnanti.

Prendo una bottiglia grande di acqua e cerco un posto all'ombra e ventilato su alle piscine. Mi addormento qualche istante ma il caldo afoso è ora davvero fastidioso. 

Faccio un giro della struttura, abbastanza deludente. Ci sono papà giordani che giocano in acqua con i figli e mamme giordane completamente vestite, che bagnano le loro caviglie.
C'è come una divisione non segnata in cui si vedono occidentali da un lato e islamici dall'altro, lo noto dal fatto che le occidentali, oltre ad essere in bikini hanno macchine fotografiche al seguito, le altre invece completamente vestite, tranne piedi e viso, in rigoroso silenzio. 


I gruppi di turisti con autista al seguito sono aumentati nel mentre, io sono la mosca bianca, nè gruppo nè famiglia... un viandante senza programmi. 

Qui internet non esiste, non c'è wifi nella strutture e a me non prende. Meglio, cosi per un giorno mi disintossico dalla fuorviante tecnologia. 

Mi tuffo nel ristorante, unico modo per pranzare e soprattutto staccare dalla calura, 14 JD a buffet bevande escluse. Ci passo molto tempo dentro, non solo a mangiare, tanto secondo la ragazza all'ingresso il bus della Jett (compagnia nazionale) partire tra le 17 e le 18 del pomeriggio. A me pare di aver letto alle 16. 
Ad ogni modo starò attento, non manca molto. 

L'esperienza bus Jett inizia con me sotto a 44 gradi, che do colpi al vetro del pullman acceso cercando di svegliare il conducente. Prima che si riprende dal suo torpore ne passano minuti, intanto io sto sudando come mai in vita mia. Mezzo ripresosi mi apre il finestrino e dice direttamente che partirà alle 17 in punto, bene, "lo hai il biglietto?" - mi chiede - "no, pensavo di farlo a bordo" - rispondo, "ma a bordo non si può, devi farlo a ..." e mi dice un none incomprensibile, tanto che alla terza volta faccio finta di aver capito; "come ci arrivo? Lo posso pagare e farlo all'arrivo?" Continuo io e il pancione autista in canotta e boxer, tutto rigorosamente bianco,  ridendo replica "un minuto che chiamo il mio capo"; breve telefonata e "aspetta un minuto mi richiama e mi fa sapere". 
Per un biglietto da 1 diran tutta sta complicazione? 


Eccolo avvicinarsi il tassista avvoltoio, che come percepisce odore di occidentale a piedi si fionda tentatore. È l'ingellato autista di stamane, mi saluta e chiede come sto, poi inizia con le menzogne: "bus non ce ne sono" - "puoi andare ad Amman solo in taxi" etc. Nonostante assista al mio dialogo con il conducente in canotta della Jett, lui non molla. "Quanto vuoi per Amman?", lui "20 JD"... aia fa poc poco amico, in bus tra 1 ora solo 1 JD!!! 

Il suo capo richiama l'uomo in mutande e conferma nessun problema, posso pagare al conducente, ci vediamo qui alle 17. 

Ancora gel-man non molla con la sua continua domanda "dove devi andare?, Petra? Amman?" e non abbandona la lotta nemmeno quando chiedo info a un ragazzo per strada che aspetta non so cosa non so chi, tentando un avvicinamento insperato stasera a Petra. Ma appunto quella capuzzulella ingellata si avvicina e scassa ancora intromettendosi nel discorso e bloccato la mia sete di informazioni. 
È petulante e si merita il mio no cosi secco accompagnato con un "hai rotto ....." in pieno lucano style. 
"Te ne devi andare non prendo il tuo taxi nemmeno se fosse Dio a ordinarmelo, sparisci", continuo, con sparisci detto secco e in arabo. Ha capito, forse. Mi chiede quanto pagherei per Amman, rispondo 4 JD. Se ne va... santa Madre. 

Tutto questo con un calore percepito, senza esagerazione, di 50 gradi, uno zaino sulle spalle e un cappello e la maglietta talmente bagnate di sudore che sembro uscita dalla piscina. 

Rientro per aspettare l'ora della partenza e punto l'invitante piscina, mentre il Muezzin invita alla terza o quarta preghiera. Peccato che sia invitante solo da lontano, come ci metto i piedi dentro, arrostiti dal pavimento in fiamme, noto che è talmente sporca che non entrerebbe nemmeno il mio cane. 
Ora, chi mi conosce sa che non sono uno che si fa problemi quindi, credetemi, era impensabile entrarci. 
Ormai resto qualche minuto con i piedi a bagno finché ciocche di capelli non si avvicinano minacciosi... adios piscina! 

La piscina si è riempita nel primo pomeriggio, di famiglie giordane. Tante donne che fanno il bagno completamente vestite, qualcuna con una specie di muta apposita con velo incorporato. 
Mi fa molto strano. 
Qualche uomo entra in canotta. 
In Croazia sarebbero stati tutti nudo quasi completamente, se non proprio. 

Tante arrivano con mariti completamente coperte, viso compreso, dal chador nero. Dagli occhi spesso percepisco la loro giovane età. 
Lo smartphone non manca a nessuna. 
Sempre in mano per qualche social o per le foto, selfie o ai mariti in posa verso il mar morto. 
Come dicevo giorni fa, in questo siamo uguali ad ogni latitudine. 
Il conformismo tecnologico e dei social è la vera dittatura mondiale, dove non è riuscita neanche la moda, ha fatto iphone o samsung. 

La varietà del Mondo. 

Ma eccola qua la sorpresa in una giornata che sembrava scorrere regolare e totalmente organizzata senza intoppi... 
il bus della Jett non c'è più nel piazzale! 
Mi aveva assicurato partisse alle 17 in punto, alle 16.50 già non c'era più. 
Merda!!! 

Chiedo in recepcion e la tipa di stamane, scrolla le spalle mentre mangia un gelato e mi dice che probabilmente ripasserà. 
Ma non credo proprio, esiste solo una corsa al mattino da Amman a qui e il ritorno nella Capitale il pomeriggio. Stop. 

Che fare? 
Cosa farebbe una persona con un po' di sale in zucca? 
Taxi ovviamente. 


Ma non un folle come me, cappellino alla Sampei e sudore, in pieno stile Indiana Jones e l'ultima crociata, mi avvio sulla strada dei Rè e inizio a fare l'autostop.  

In pochi minuti, immerso in un clima atmosferico eccessivamente condensato, con le labbra brucianti di sole e sale, piedi bollenti e ancora una scapola dolente, si ferma un track, un camion con lungo rimorchio. Apro la portiera e monto su, zaino in spalla e cappelli in testa, "Amman sir?", l'uomo con una barba sale e pepe mi fa cenno di si. 
Mi accomodo, dialoghiamo in un inglese stentato ma utile, lui viene da Baghdad dove ha lasciato della merce, mi prende il telefonino e me lo mette sotto carica. Mi chiede dove devo andare ad Amman, rispondo in Al-Abdali, settimo distretto, fa cenno che va bene, sosta per le sigarette e io vorrei scendere per prendere un caffè, ma il camionista mi indica di no, che lo farà in camion al ritorno. Finalmente mi rilasso e crollo in un sonno che produce una piccola bava per quanto è repentino e profondo.
Mi sveglio che siamo nel traffico cittadino, Mahmoud mi chiede se accetto l'invito ad andare in casa sua, si mangia e poi mi porterà in hotel, ovviamente un vagabondo come me non rifiuta, e quanto mi ricapita di entrare in un'abitazione giordana e conoscere con i miei occhi usi e costumi? 


Parcheggiare l'enorme mezzo nel suo quartiere lo fa incazzare con due auto che sostano e si spostano rendendo difficoltose le sue manovre, certo che dopo giorni in viaggio chiuso a guidare un camion e a viverci dentro, quando non vedi l'ora di vedere la tua famiglia, goderti la tua casa, lavarti e rinfocillarti, non è proprio piacevole fare ancora fatica per delle manovre in una stradina con chi ti complica la vita non immaginando minimamente la tua ultima settimana e il tuo stato d'animo. 


Camion posteggiato con l'aiuto di un amico e ci incamminiamo tra le vie del quartiere incrociando anziani e bambini che salutano, ma soprattutto che mi osservano, con quello zainone in spalla con in cima il sacco a pelo arancione (colore che non passa proprio inosservato) e comunque visto come un diverso, si c chiederanno che ci fa un europeo qui? Lontano dalle rotte turistiche? 

Arriviamo davanti casa di Mahmoud e non dimentico di essere in un'altra Nazione, che seppur ospitale, con differenti usi e costumi, ricordo le buone maniere inculcatemi da bambino e mentre Mahmoud entra in casa passando per il patio, io mi fermo davanti alla porta finché non è lui a farmi cenno di seguirlo ed entrare. 

Piccolo ingresso e si apre davanti a noi una porta che da in una grande sala piena di divani e poltrone stile mille e una notte messe lungo tutto il perimetro della stanza e un grande tappeto che non lascia intravedere nemmeno un centimetro di pavimento. Togliamo le scarpe davanti alla porta e mi fanno accomodare.


Arriva uno dei fratelli di Mahmoud, si chiama Mohand fa anch'esso il camionista, ha due anni in più di me, quattro figli e tra le altre cose ha lavorato come driver per la troupe di Vin Diesel e ora per la troupe di Aladino un film che sta girando, nel Wadi Rum, Mel Gibson; mi mostra le foto e mi chiede quanto tempo resto nel Paese e cosa ho già visto e voglio vedere. 
A nord della Giordania avrei potuto raggiungere il lago Al-Ariete, il più grande lago per i Romani, i quali si sposavano qui o bagnandosi o le bagnanti, mi sfugge qualcosa. 

Intanto entrano in fila i figli di Mahmoud e i nipoti, il saluto in Giordania è proprio una cerimonia di rispetto, per quanto si palpi con mano il grande amore dei piccoli verso il padre di ritorno e vicevera, non gli saltano sulle ginocchia, bensì gli prendono la mano e gliela baciano alternando con il tocco della fronte il dorso della mano, per due volte; poi passano per lasciare spazio al prossimo, invece il mite autista ogni volta se li prende im braccio e li bacia ognuno su una guancia prima di dare loro qualche moneta. 

Sono evidentemente emozionati i ragazzini nel vedermi e io a essere nel loro privato. 
Arriva subito una brocca piena di ottimo tea alla menta in mio onore, per l'ospite. 


Ogni ragazzino si presenta e mi saluta. 
Mi dicono i nomi di tutti, dei quattro maschietti di Mahmoud, 12, 10, 9 e 5 anni, poi i quattro di Mohand due maschietti e due femminucce. Mentre chiacchieriamo in questo bel salone, che mi ricorda il libro "il cacciatore di aquiloni", arrivano anche gli altri due fratelli del camionista che mi ha preso con se, sono gemelli, passano in tempi diversi e entrano solo pochi minuti per salutare l'ospite. 
Vengo trattato come una divinità, l'ospitalità è sacra. 
I bimbi sono tutti incuriositi dalla mia presenza. Mentre Mahmoud con i suoi due figli più grandi prega, in un angolo del salone rivolti alla Mecca, Mohand mi intrattiene con questo ottimo tea; mi chiede del mio viaggio e racconto le mie disavventure con i mezzi giordani, si scusa a nome del suo Paese per i driver ma, a quanto pare, i tassisti sono una categoria di persone a parte in tutto il mondo, ci ridiamo su. 
Nota il mio tattooo di handala e mi chiede se io sappia cosa significhi, inevitabile entrare nel merito della nakba palestinese e lui mi dice che la sua famiglia tutta è palestinese di Al-Kalhil, ovvero di Nablus! 
Il padre dopo la guerra dei sei giorni, nel 1967, si trasferì come molti in Giordania grazie anche a Re Hussein che li accolse e diede loro una cittadinanza; per cui sono tutti di nazionalità giordana ma palesinesi. 
Ecco spiegata la tanto graziosa e incondizionata ospitalità. 
Racconto del mio viaggio e di quello che ho visto, lui, Mohand, mi spiega cosa fa e che se non fosse stato impegnato domani avrebbe voluto accompagnarmi lui nel sud del paese e mi fa promettere di tornarci per passare delle giornate insieme nel Wadi Rum, di cui mi mostra le foto del suo recente passaggio con le troupe dei film. 
Inoltre, mi dice che qualcuno della famigli fra una settimana si sposa, perchè non restare, ospite loro in tutto, così assisterei a un matrimonio arabo-palestinese. 
Sarebbe una gran figata, ma devo andare. 

Mi istruisce su molte cose tra cui il deserto del Wadi Rum, mentre arrivano una serie di pietanze, un piattone grande di Maglopa dove ci fiondiamo in quattro, se contiamo il più piccino dei figli di Mahmoud, il barbuto e basso camionista. Dentro al piattone pezzettoni di carne, ne spezzetto un po' al piccolo di casa che rifiuta, la carne è per gli adulti e soprattutto per l'ospite. Provo anche il Mlogeah, una sorta di carne in salsa. 
Tutto ottimo e tutto accompagnato da pane arabo e tea. 




Mohand, il fratello più giovane, 39 anni mi chiede se ho moglie, "noooo, per carità!" e insiste chiedendomi se non voglio avere dei figli che è la cosa più bella... 
dovrei sposare una donna araba, dice, non hanno grilli per la testa, nom si azzardano nemmeno a parlarci con un altro uomo, figuriamoci a cambiarne in base alla convenienza. 
Bah! 
"Cambiamo discorso amico mio" e parliamo dell'Italia, della sua rinomata bellezza di posti e di popolo, mi sa che di bello di noi è rimasto solo l'idea all'estero, visto ciò che siamo diventati. 
Un suo sogno sarebbe aprire un ristorante arabo palestinese nel Belpaese, magari in società con un italiano, mi chiede "ci sono missulmani da voi?", "poterebbe funzionare?". Ma il fratello più alto ha altri affari qui nella sua terra e tutto resta una fantasia di una piacevolissima serata in casa palestinese. 

Dopo cena arriva una pepsi... poi del caffè giordano... ancora tea... 
ci si rilassa fumando la famosa shisha nel narghilè, 
tutto rigorosamente tra uomini, mai nemmeno intravista una donna della famiglia, fatta eccezione per tre bambine nipoti di Mahmoud che vennero a baciargli le mani al ritorno dal viaggio. 

Per finire Mohand chiama un taxi per me che mi accompagnerà in ostello e si assenta qualche minuto, rientrerà nella stanza con un vaso-brocca di terracotta alto almeno 50 cm per me, "questo è un regalo che spero vorrai accettare, cosi da portarti sempre un ricordo di noi" - cotanta gentilezza mi emoziona, prosegue - "mettici dell'acqua dentro e lascialo sulla finestra; l'acqua resterà sempre fresca come quella di un frigorifero e quando la berrai penserai a noi". 

Il taxi arriva... suona... mi accompagnano fuori con stuolo di ragazzini, che non hanno smesso un minuto di guardarmi, al seguito... un grande e forte abbraccio con i miei due nuovi amici giordano-palestinesi e rinnoviamo le rispettive promesse di viaggi l'uno nel paese degli altri e viceversa... salgo in taxi direzione ostello. 
All'arrivo le sorprese non finiscono, il conducente del taxi non vuole soldi, ha già provveduto Mahmoud, "sei nel nostro Paese, nostro ospite".

A nanna col mio regalo
Domani bus from Petra la città rosa. 




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