Abusi di frontiera - 2^ parte

 - seconda parte -

20 Luglio 2018

Vengo richiamato dalla donna in borghese, che mi invita a seguirla. Cancelletti si aprono e richiudono al nostro passaggio, lei con passo sicuro e deciso mi precede. Mi invita a posare il mio bagaglio insieme al marsupio dentro un box appena fuori dal suo ufficio. 

Una volta dentro esclamo "finalmente mi fate respirare!", dal caldo afoso sono passato ad un fresco più che gradevole dell'ufficio, una piccola stanza di un container leggermente più evoluto con aria condizionata, una scrivania, un computer e tre sedie. 
Alle pareti due quadri, uno con la faccia del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, alla sua personale quarta legislatura, l'altro con il viso di colui che è ritenuto il padre fondatore d'Israele, Ben Gurion. 

La donna mi fa accomodare e si siede al suo posto anch'essa. Esordisce con una non consueta gentilezza, "Fabrizio, io sono dei servizi segreti, ti prego di essere sincero con me"
Penso "proprio perché sono stato sincero sono qui da ore". 
Chiedo di Rafael il traduttore, mi viene detto che arriverà ma nel frattempo iniziamo in lingua inglese. 
Temporeggio. 
Arriva Rafael e la donna mi chiede il telefono cellulare, rispondo che io non ho ne telefono ne documenti con me, sono sequestrati. 
Colui che deve tradurre viene mandato a recuperare il mio iPhone. 

Si ricomincia da capo!!! 
Carta, penna e domande, devo spiegare perché sono venuto in Medioriente; 
Perché in Israele. 
Con molta calma inizio a dire che sono in Terra Santa per turismo religioso. 
Riprende a chiedermi quali posti ho visitato e dove ho dormito. 
Ancora, Tel Aviv Crowe sea ostello, Gerusalemme Abraham ostello, Gerico Auberg Inn ostello. 
Elenco i posti simbolo della storia di Gesù.
La donna in borghese mi interrompe e mi domanda dove ho dormito a Betlemme. 
Azz! 

Ormai non posso ne mentire ne tergiversare, sono stato da Ibda Center nel campo di Dheisheh. 
Perché sei andato li? 
Rispondo che un tale Pino, italiano, incontrato per strada me lo ha consigliato perché si pagava poco, 10€. 
Vengo creduto. 
Mi dice, però, che quel centro le risulta essere nel campo rifugiati e per questo vuole sapere cosa si fa li dentro. Dico che funge da ostello. Mi ripete mille volte "sei sicuro?"
Tengo botta e non dico delle attività del centro. 

Altra domanda, Nablus. 
Sono stato troppi giorni nella città del sapone. 
"Dove hai dormito?"
"Un ostello in Rafeedya" - rispondo - "consigliatomi da un arabo che viaggiava in bus con me da Qalandia". 

Donna in borghese: "perchè sei andato al campo New Askar?"
Rispondo:"il proprietario dell'ostello mi ha parlato di un centro per bambini e ragazzi e essendo un insegnante, un educatore, ho voluto visitare il posto".
La donna insiste, vuole sapere perché sono interessato ai bambini e sottolinea che i bambini palestinesi sono dei bastardi! 

A questa frase il mio sangue ribolle, non riesco a tacere e ad essere diplomatico. I bambini sono innocenti, che siano cristiani o ebrei, occidentali o orientali, i bambini sono degli enigmi luminosi, per citare Pennac. 

Durante la mia arrabbiatura la donna prova a calmarmi per passare ad altra, insulsa, domanda. Vuole sapere cosa si fa nel centro del campo rifugiati di New Askar, quali sono le attività che vengono promosse. 
Qui non serve mentire, la verità è che non si preparano terroristi come si aspettano io dica questi servizievoli agenti, ma gli uomini e le donne di domani con una forte impronta palestinese, si lavora per tenere viva la cultura palestina tramite danze popolari, canti, cibo tipico, sport, teatro e discussioni con metodiche inclusive e cooperative. 
La donna prende appunti, poi tira fuori due bigliettini che hanno trovato tra i miei documenti con indirizzi scritti in arabo e mi domanda cosa siano. 
Do le spiegazioni del caso e la tipa scrive. 
Ancora mi mostra un bigliettino da visita con sopra disegnata Handala, trovato anche lui nella mia agenda, credo, mi guarda e chiede cosa sia; rispondo che lo vede benissimo cosa sia, ma vuole glielo dica io e io esausto dopo ore e ore sotto pressione cedo e rispondo che è un bigliettino come tanti che hanno trovato tra le mie cose, è di un negozio di souvenir di Betlemme come si può leggere e che non capisco il problema quale sia. 
Me lo riconsegna. 
Scrive al PC. 

Adesso mi presenta un modulo e mi domanda nome e cognome di mio padre e a salire dei miei nonni, non capendo come scrivere mi cede la penna e gira il foglio verso di me ordinandomi di scrivere; nomi, date, tutte le mie mail, i miei numeri, vuole un numero di riferimento italiano, di casa, di qualcuno, moglie, madre o simili, i nomi da me usati nei social, facebook su tutti, la mia firma. 
Controlla. 
Scrive ancora. 

Mi passa il mio telefonino, qualche istante di silenzio e la donna mi chiede per quale ONG lavoro. 
Oh mio Dio! 
Ricominciamo. 
Nessuna rispondo e ripeto. 
Al che, la donna, vuole sapere perché ho fatto ricerche su internet su una cooperante italiana, insiste che ho i contatti e che collaboro con questa persona. 
Non crede quando le dico che questo nome è famoso in Italia ma che non la conosco. Vuole io accenda il mio telefonino e mi connetta a internet per controllare la cronologia ma soprattutto il mio facebook. Qui il mio cuore fa un sussulto e credo si fermi per qualche istante, la mia pagina è piena di post pro palestina, accuse ad Israele, post di denuncia e amicizie con chat palestinesi. 
Dico che non ho internet ma la donna con una smorfia mi dice che posso usare il wifi. Il modem è sulla scrivania, a soli 20 centimetri da me e il mio iPhone. Tremo mentre cerco la connessione. 
Se entra in facebook o nella mia gmail scopre i miei contatti. 
Ma la connessione sul mio telefono non appare. 
Lei si spazientisce mentre le dico che non va. 
Urtata la donna urla e mi accusa di avere la modalità aereo; le mostro il telefono e lei me lo strappa dalle mani e ci prova da sola, tremo, ma fortunatamente il wifi non va. 
Sudo freddo tutto il tempo che la donna prova e riprova. 

Finalmente rinuncia e mi cede il mio aggeggio infastidita, ma non molla con le domande. 
Chiede di Nablus e di che spettacoli ho visto; 
Nessuno, dico; 
Non ci crede e insiste provando a fregarmi dicendo che ci sono sempre spettacoli nella città dei dolci. 
Mi basta insistere sulla verità. 
Solo su Gerico le domande sono poche e durano pochissimo. 
Su Betlemme e il muro si accanisce chiedendomi di Banksy e dei suoi graffiti, di spiegarle anche a lei nello specifico quali disegni mi hanno colpito e cosa mi hanno suscitato. 
Qui sono così sincero da non pensare alle conseguenze. 
Le vomito addosso tutto lo sdegno e lo schifo che provo. 
Riprende il mio telefono e mi mostra una foto da me fatta ad Aida camp a una torre di avvistamento bruciata da fiamme; mi chiede se so chi l'ha incendiata, rispondo i palestinesi, acconsente soddisfatta ma vuole sapere perché lo hanno fatto, non ho voglia di incasinarmi ancora di più, sono esaurito completamente, nel corpo e nella testa, rispondo "non lo so" facendo intendere che credo sia per futili motivi; il mio fegato si contorce e mi sento un verme. 
Io so la verità, come la sa la donna, la torre venne data alle fiamme nel febbraio del 1994 quando un cecchino israeliano, dalla stessa, prese a fucilate dei bambini che giocavano a calcio in strada e ne uccise tanti, troppi. 
Lei è soddisfatta, il mondo non deve sapere. 
Stupida, il mondo già sa!

Mi mostra le foto fatte nei campi e me ne esco dicendo semplicemente "curiosità". 

Si passa alle domande su Hebron, chiede cosa ho fatto, ormai è la domanda iniziale di rito. 
L'unico luogo di culto della città, chiamata Al Khalil (l'amico) dai musulmani, è quella che i musulmani chiamano la Moschea di Ibrahim e gli ebrei chiamano la Tomba dei Patriarchi. 
Io dico Hebron e lei prova a sorprendermi in fallo ripentendo "Al Khalil", ma sono ancora attento nonostante il caldo e le ore sotto torchio e non cado in errore, ogni volta sottolineo "no no, si chiama Hebron"; lei è soddisfatta e capisce che non sono musulmano e nemmeno voglio diventarlo, altrimenti avrei cavalcato l'onda dei nomi arabi dei luoghi e delle città. 
Parliamo della divisione che esiste oggi nel luogo dove si trovano le tombe di Abramo, Sara e figli, mi chiede se so perché é diviso e racconto che prima entravano a giorni alterni ma dopo una sparatoria fatta da un ebreo  è stata creata la divisione dagli israeliani stessi. Sempre più soddisfatta, perché per lei sta passando il messaggio che loro, gli israeliani, curano la sicurezza di tutti anche dei palestinesi. 
Il dialogo prosegue sul vecchio suk della città di Hebron e non mi nascondo, la copertura fatta dai palestinesi con reti e lamiere per proteggersi dai lanci di immondizia e schifezze l'ho vista e conosco le motivazioni. Sottolineo il mio sdegno. La donna non fa una piega ma scrive. 

Mi chiede se ho visto manifestazioni ad Hebron, dico di no, è la verità. Non mi crede e ricominciamo con i modi arroganti. 
Lei ritiene sia impossibile perché ogni giorno in Hebron ci sono manifestazioni. 
Esordisco con "ah si?", non ho visto realmente nulla di tutto questo. 
Lei insiste e insinua e io allora dico quello che ho visto e lo schifo che ho provato, un fiume di giovani ragazzi ebrei armati di fucili d'assalto che scendevano da una strada verso uno spiazzale dove c'erano dei pullman ad attenderli. 
Ogni volta che mi chiede cosa ho provato non mi nascondo. 
Schifo 
Disgusto 
Pena 
Tristezza 
Rabbia 

Mi chiede ancora se ho partecipato a manifestazioni sia qui in medioriente che in Italia. 
Nego. 

Ci incartiamo anche con lei sulla mia visita alla tomba di Erode il grande, ma ne usciamo rapidamente. 
Lei ora vuole arrivare ad altro. 
Ora il suo obiettivo è Handala, è il mio tattoo sull'avambraccio sinistro. 
Dal mio telefonino tira fuori la foto dove mostro il tatuaggio. Mi chiede cos'è, "sapete bene cos'è" dico.
La domanda é dove ho fatto questo tattoo, in Italia rispondo ma lei dice no. 
Si infuria ogni volta che ripete la domanda e io ripeto "Italia, Padova". Non mi crede. Ritiene io l'abbia fatto qui, durante questo viaggio. 
Ripeto di no e mi infurio anche io, sono stanco. 
Donna in borghese: "allora perché lo copri con la garza?" 
Io: "semplicemente perché sapevo che se lo vedevate avrei avuto problemi".
Donna in borghese: "non è vero, tu lo hai fatto da poco, ti hanno trovato una crema per alleviare i tatuaggi".
Rido come un folle isterico perché quella che dicono essere crema per tattoo non è nient'altro che la cera per capelli e tirando su la manica della maglietta le mostro il mio avambraccio "lo vedi che sono un paio di anni almeno che l'ho fatto?". 
Nel vederlo abbassa lo sguardo, scrive e mi chiede scusa. 
Avevo detto il vero, sottolineando che fuori dal mio Paese non faccio mai tattoo perché temo le malattie. 
Fuck! 

La donna però non si arrende e vuole sapere perché ho tatuato Handala e se so il suo significato. 
Dico che è un semplice fumetto ma lei mi corregge dicendo che è un simbolo politico. 
Ribadisco che ho letto che handala è il simbolo di tutti i bambini infelici del mondo, la donna mi ricorregge e dice che è il simbolo solo dei bimbi palestinese e li apostrofa con termini orrendi. Ripeto di no. 
Il nostro ora è un braccio di ferro sul significato di Handala. 
Ma mi tengo lontani da dire che so veramente cosa sia e chi lo ha ideato. 
Mi chiede "adesso che sai la verità cosa farai? Terrai ancora questo tattoo o cosa?"
Voglio andar via e dico che lo coprirò con un altro disegno che ho e che avevo destinato ad altra parte del corpo. 
Lei è sempre più soddisfatta. 
Certe persone sono felici solo se le prendi per il culo. 

Firmo un verbale. E vengo accompagnato fuori dall'ufficio. Raccatto tutta la mia roba e torno nel lato dei controlli del metal detector e vengo invitato a sedermi e aspettare, ancora!!! 
Intanto la donna va nel suo ufficio con un ragazzo americano fermato come me ma senza essere denudato e nemmeno per ore. 
Nell'attesa il wifi sul mio telefonino adesso va; temendo che l'inquisizione non sia finita mi affretto a cancellare tutto il possibile dal mio facebook. Tutto ciò che può compromettermi ulteriormente. 

Dopo non so nemmeno io quanto tempo, la donna torna da me con il ragazzo americano e prima che lei possa parlare mi alzo e nervoso le dico che ho bisogno di un bagno, tenendomi il ventre. 
Lei mi porge il mio passaporto e mi dice che una volta che avrò fatto il visto d'ingresso nel Paese, potrò usare un bagno che sta fuori, oltre la porta di accesso alla Nazione. E poi sottolinea "sbrigati perché fra un po' avrà inizio lo Shabbat e non circoleranno più bus, chiedo a che ora inizierà e la sua risposta è "non lo so". 
In poche parole sono finalmente libero, a metà!  

Mi reco allo sportello numero 4 dove una giovane biondina molto gentile mi porge le solite domande sorridendo, "perché é stato tante volte in Marocco?", 
Sbotto! 
"No signorina la prego, è dalle 8 di questa mattina che mi chiedono le stesse cose, sono stato interrogato da quella tizia" e indico la donna in borghese, al che la biondina sorridente mi fa il visto e dice "ok ok capisco" e mi lascia andare. 
Afferro i miei documenti e varco la porta, sono in Israele, sono le 15.27!!! 
Sette ore dopo la mia uscita dal Regno Giordano. 
Assurdo!  




Uso il bagno. 
Mi incammino lungo una lingua di asfalto bollente. Le suole delle scarpe si appiccicano al suolo. 
Io sono in pieno sclero. 
In mezzo al nulla, verso la strada principale, urlo e li mando miliardi di volte a quel paese. Ho sudato anche l'acqua del battesimo. Sono esausto e per di più c'è lo shabbat, sono in mezzo a un'autostrada, sotto un sole cocente, un aria afosa e umida, con un grande bisogno di bere. 
Alla fermata del pullman aspetto mezzora senza speranza. 
Unica soluzione fermare il primo taxi che passa. 
7€ per Eilat, pochissimi chilometri. 
Mi faccio lasciare alla stazione dei pullman che trovo chiusa, ovviamente. 
Io non voglio fermarmi qui, il mio stato di animo è sotto i piedi. 
Chiedo un po' in giro ai vai tassisti che sono gli unici, a quanto sembra, a non rispettare la festività. 
Unico consiglio che riesco ad avere è di andare sulla strada e chiedere alle auto che si fermano dal benzinaio se mi danno un passaggio. 
Nulla. 
Mangio dei fiocchi di latte e scolo due litri di succo. 
Dopo più di un'ora cedo all'idea di rimanere in città e trovarmi un alloggio. 

Vengo avvicinato da una corpulenta signora con capelli bianchi, mi offre alloggio per 200 shekel, le dico che è tanto e nel frattempo un ragazzo con canotta in un'auto bianca mi chiama chiedendomi se cerco alloggio. 
Ne ha uno economico, dice, mi avvicino per capirne di più. Si avvicina anche la corpulenta signora e inizia un litigio tra i due. 
Mi contendono senza sapere nemmeno che non caccerò più di 10€. 
La signora chiude un braccio dell'uomo nello sportello, io mi allontano e all'improvviso tra un'offesa e l'altra, il ragazzo esce dal mezzo e sferra un pugno in pieno viso alla grezza signora israeliana, la quale cade al suolo come Sonny Liston nel match del 25 Maggio del 1965 al St. Dominic's Arena di Lewiston colpito da Muhammad Alì.
In men che non si dica dal nulla spuntano due poliziotti che mettono le manette all'uomo e portano via anche la donna, che nel frattempo urla indicandomi perché vorrebbe aiuto da me, ma io per oggi credo di aver dato abbastanza e mi allontano senza mai voltarmi. 

Mi rifugio in Booking e trovo una bella soluzione economica e mi avvio a piedi alla struttura, una villetta come molte qui, adibita a b&b dove alloggia una famiglia enorme di russi, un giapponese e un israeliano del nord. 

Mi rilasso, bevo litri di acqua e faccio la doccia più desiderata della mia vita. 
Sistemo lo zaino, faccio pulizia, mi preparo insomma per non avere problemi anche in aeroporto. 

Scendo verso il mare, nella zona commerciale, per mangiare qualcosina. 
In un market, invaso da russi, compro qualcosina da mettere sotto i denti e una buona birra fredda. 

Rientro e mi tuffo a letto. 
La giornata è stata lunga e atroce, domattina nonostante prima di mezzogiorno non ci sia nulla, io voglio essere pronto il prima possibile, non ho più lo stato d'animo del viaggiatore, voglio solo tornare a casa, nel mio Paese. 

Prima di dormire un battibecco con l'israeliano del nord che dorme nella mia camerata, io spengo il condizionatore che punta proprio su di me e lui riaccende. 
Non so in che modo scatto ma accetta il compromesso il sionista. 

Finalmente riposo. 

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