Frontiere

11 Luglio 2018

Musica triste araba accompagna questo viaggio verso la città di Jenin... rotolando verso Nord (per citare all'inverso i Negrita).
La colazione fatta al volo nel bazar della stazione dei piccoli bus color arancio di Nablus, un croissant imbustato (2 NIS) e un tea con menta appena fatto (1,5 NIS), talmente bollente che non riuscendo a terminarlo, l'autista me lo fa lasciare su una panchina... solo tre sorsi porca paletta!!!

Ho fatto la Jorda Pass, che ti permette l'accesso grauito o con sconti fino al 40% nei luoghi da visitare (vedasi il tesoro di Petra) e compreso c'è il pagamento del visto d'ingresso, che da solo varrebbe 50€, se si resta nel Paese almeno tre giorni. 

Scelgo l'opzione "Jordan Explorer" 75 JOD (Dinaro Jordan), che mi permette l'accesso per due giorni nella città rosa e uno per tutte le altre attrazioni di tutta la Nazione. 

Per stasera Hotel nella capitale Amman solo 5€ in pieno centro, whit breakfast. 
Devo decidere tra due ottime soluzioni a Wadi Musa, dove si accede alla spettacolare e famosa perla della Giordania: Petra.

La musica nel bus/furgone mi fa preferire Gigi D'alessio, iniziano i muri e le torrette di avvistamento e io mi sento i capelli 'nzvat (noto capello sporco con quel tocco di oliosità propria del capello che prova a contrastare giorni di sudore e polvere). 

Questa terra è bella e maledetta. 

La distanza da Nablus a Amman sarebbe di circa 60km, ma te ne fanno fare quasi 200;
tocca arrivare a Jenin tramite una quarantina di minuti circa di strada tortuosa, che la Sellata-Abriola a confronto è l'autostrada del sole. Per strada si vedono olivi e terra arida, una pompa di benzina abbandonata, un villaggio palestinese, mille fossi, una piccola colonia israeliana in terra araba, rifiuti, veli che camminano, qualche camion.

Da Jenin un taxi mi porterà al confine tracciato nel 1949, passerò un check point e sarò in territorio israeliano. Da li come fare per raggiungere il confine Giordano, Sheikh Hussein, non ho idea alcuna. 
Cosa certa è che si dovrà passare per la città di Beit She'an e da li un taxi porta al punto di controllo per lasciare un Paese e passare ad un altro. 

Un ragazzo che ha viaggiato nel mio stesso minibus si offre di aiutarmi, parla un po' inglese e mi accompagna, chiedendo qui e la, alla postazione dove partono altri minivan, bianchi questa volta, diretti al check point... 2NIS e sarò in Israele. 
Dei ragazzini mi avvicinano e iniziano a parlarmi, spingono il più piccolo a parlare perchè vive in Canada, è qui per fare visita ai nonni; molte giovani studentesse fanno ritorno al paesello.



Passando per due villaggi palestinesi, dove il piccolo service lascia e prende giovani palestinesi, si arriva al check point; un enorme parcheggio, un bar, auto e persone, il muro e le torri, sembra l'ingresso della SATA (Fiat) di Melfi, invece è l'accesso a qualcosa di incomprensibile, assurdo, irrazionale. 

Compro una bottiglia di acqua, il driver mi saluta augurandomi buona fortuna (lui a me!). 
Un giovane medico mi chiede se ho bisogno di aiuto e mi spiega da dove entrare o in alternativa chiedere un passaggio ed entrare con un auto. 
Mi dirigo all'ingresso pedonale, mi avvicinano dei ragazzi israeliani e iniziano a chiedermi da dove vengo e dove vado. Rispondo. 
Molto sfacciati e arroganti iniziano a ridere e prendermi palesemente per il culo; dicono che è chiuso l'accesso, ci vorrano più di 20 minuti perchè apra, uno di loro inizia a cantare, come un demente, una canzone inventata al momento ripetendo "closed". Si prendono per i fondeli i palestinesi. 
Li mando a fanculo in italiano e mi avvicino al primo tornello, chiuso. 
Un palestinese pigia il pulsante del citofono ma senza risposta.
Arrivano altri che devono passare come me dall'altra parte e un ragazzo mi spiega che aprirà solo alle 13.20, chiedo "ma perchè?" e lui mi risponde che è cosi, punto. 
Inizio a capire ancora meglio quanto vale la mia libertà. 

Intanto da dentro a questo capannone (di cui ancora ignoro il contenuto) escono flotte di uomini e donne sporchi di lavoro, stanchi, col viso rassegnato, passo veloce e sguardo basso. 
Chi fa il muratore, chi l'agricoltore, c'è il giardiniere, tutti lavori umili, di manovalanza. 
Escono di corsa. Casa li aspetta. 
Intanto per chi aspetta c'è la continua illusione che si apra il passaggio con cancelli che si aprono e chiudono a caso. Qui la mente può saltare. 

Con ritardo, 13.25, il nostro tornello si apre, 10 metri secondo tornello, altri pochi metri terzo tornello, la valigia da un lato e io sotto il metal detector; dall'alto un militare ci segue, osserva e comanda con fare "incazzuso" e fucile sempre puntato. Urla. 
Davanti a noi dopo il metal detector si aprono una serie di compartimenti stagni, che non so se sono im grado di spiegare, per via dell'assurdità della cosa. 
Si entra in 6 persone in una stanzina con due porte, quella dove entro e quella che porta in un'altra stanzina. Entrambe sono stanze da 2 metri per 1.5. 
Sei (6) persone ad aspettare minuti interminabili nella prima stanzina che gli vengano controllati i documenti e i telefoni cellulari, appena consegnati mettendoli in una cesta in un'altra porta. Escono i palestinesi entra l'israeliano che prende I telefoni. 



Tutto ok, possiamo passare alla seconda stanza prendere i nostri documenti e il telefono e andare verso l'ultimo controllo. 
Intanto il militare ci segue dall'alto su una passerella che segue il nostro percorso. 
Sta situazione mi ricorda tanto i campi di concentramento dove proprio gli ebrei venivano trattati cosi.



Ultimo controllo, i primi due avanti a me non passano, hanno si il permesso per motivi di lavoro ma, permette l'accesso solo entro le ore dodici del mattino ed essendo le 13.00, dispiace ma devono tornare indietro. 
L'umiliazione che si vuole infliggere a questo popolo è scioccante.
Perchè non controllare subito il permesso? Senza fare tutta questa trafila e poi dire "sorry, non puoi", che in verità non è detto per niente in maniera gentile. 
Ma soprattutto perchè un popolo deve essere soggiogato ad un altro? 
Intanto il mio amico di controlli mi fa passare avanti a lui, passo il mio passaporto sotto il vetro, "da dove vieni?" - "Italia", e passo liscio.



Ultimo tornello che mi immette nel tunnel di uscita. Incrocio una fila di persone di rientro da lavoro, stanchi e sfiduciati. 
Sguardi bassi se non persi, pelle rinsecchita, sporchi. 
Mi risaltano alla mente alcune foto viste in passato, dei campi di concentramento/sterminio nazisti, dove gli ebrei, i rom e chi dissentiva, andava rinchiuso e usato come manodopera. 
Mi sento in un campo di concentramento, ne più ne meno. 

Lo schifo che provo è smisurato, lo sdegno incommensurabile... 
non mi capacito e una fitta mi prende al cuore, mi trafigge l'anima. Sono così impotente qui. 
Mi escono due lacrime, una di rabbia l'altra di tristezza. 

Questo non è un posto per claustrofobici. 
Un senso di soffocamento ti attanaglia appena varchi il check point israeliano. Bisogna correre perchè in Israele anche l'ora è nemica e su tutto questo ogni giorno sorge il sole dell'indifferenza.  

Non vedo uscire il mio compagno di controlli... che sarà successo? 
Provo a tornare indietro per spiare, un milite mi chiama (mi osservava da un po'), mi chiede se ho bisogno di aiuto "can I help you?", fingo di cercare un modo per spostarmi di li e arrivare al confine. Mi spiega che non lo sa (non sarà il primo israeliano a non sapere nulla), secondo lui devo raggiungere Afula prima e poi con altro bus Beit She'an. 
Non mi convince. 
Nel piazzale appena fuori, dove giungono tanti furgoncini carichi di lavoratori palestinesi provenienti da svariate parti dove vengono usati come forza lavoro, chiedo a chiunque su come posso raggiungere la frontiera. 

Un autista mi porta gratis a una fermata del bus a metà strada tra Kfar Yehezkel e Ein Harod-Meuhad  
sull'autostrada 71, mi compra anche acqua e caffè e mi regala un barrettina di cioccolato! 
Lui mi informa subito che è palestinese, forse notando il mio distacco, non sapendo con chi ho a che fare cerco di non crearmi problemi. 
Nato a Nazareth dove vive, sottolineando che vive bene, dignitosamente. 
Non me la sento di fare domande e entrare in un vortice di un dialogo che per me potrebbe risultare complicato. 
Solo frasi di circostanza e grande gratitudine per l'ennesimo fratello Palestinese che mi aiuta e mi tratta come fossi di famiglia. 

Mi lascia a una fermata dei bus e mi informa che dovrò prendere il numero 411 o il 412 per la città di Beit She'an. 
Alla fermata un donna in jeans mi dice che a momenti passerà un autobus e infatti un minuto e sono sul grande autobus che per 7,4 NIS mi porta alla cittadina vicino al confine. Sopra ci sono tra i civili anche due donne militari e due giovani poliziotti che presumo stiano rientrando a casa dopo il servizio. 
Gli israeliani paiono gentili ma troppo autoritari. 

Un poliziotto seduto vicino a me si alza e cambia posto, dimentica i suoi occhiali da sole. Avviso la collega e lei mi guarda con sufficienza e scuote le spalle; dopo qualche minuto il ragazzo torna a prendere ciò che aveva dimenticato ignorando il mio gesto di porgerglieli e non alzando nemmeno lo sguardo... simpatia portami via! 

Sono l'ultimo a scender dal mezzo, arrivo fino alla stazione dei bus in piena Valley of Spring, passando per città nuovissime, pulite e molto graziose. 

Chiedo all'autista che bus prendere per arrivare al valico della frontiera e dice di non sapere, che non crede ci siano bus. 
Cerco un modo per arrivare alla frontiera, si ferma un taxi, che mi chiede 50 NIS per arrivare alla frontiera, di sconti non se ne parla; gli dico che ho bisogno di prelevare dei soldi e quindi di una cassa ATM, lui vuole altri 20 NIS per portami ad un bancomat. Rifiuto. 
Scopro avere un ATM a 3 min a piedi! 
Vado prelevo e torno. Sciupò! 

Ho appena incontrato un tizio che io definisco "una volpe nel deserto" israeliano. 

La fame si fa sentire e decido di entrare nel bar di fronte alla fermata dei bus.
39 NIS uno shawarm e una coca cola... follia!!!
Chiedo informazioni e la giovane ragazza con l'apparecchio ai denti mi manda alla stazione dei bus di fronte. 
Devi prendere il numero 16 che porta ai due kibbutz, Never Eitan e Ma'oz Hayyim, mi dice una bionda ragazza senza scarpe che lavora allo sportello. Partirà alle 16.10 dal varco 2. 
Approfitto del bar della stazione dei bus e mi do una sistemata e lavo i denti. 

Il piccolo bus arriva in ritardo e riparte subito, ore 16.15. 

Ore 16.24 il pullmino numero 16 mi lascia all'ingresso della strada per i kibutz; il conducente mi avvisa che in 15 minuti a piedi sarò al valico di confine. 

Confine:
sono a 30 km dal lago di Tiberiade 
dall'altra parte mi aspettano Jerash e Amman. 

Mi appresto a entrare nella terra di mezzo... prima domanda di una robusta ragazzona di colore che fa da guardia: "porta con se una pistola?"... 
domanda cosi naturale qui che a me sconvolge ancora. 

Pago 106 NIS (101 di tassa per uscire da Israele più 5 di fee), dal 1 gennaio la tassa è aumentate, per questo 2018, di 10 NIS. 


Mi consegnano un tagliandino simile a quello d'ingresso ma di colore rosa, permesso ad uscire, e mi viene chiesto se ho intenzione di rientrare in Israele. Rispondo di si perchè ho un volo per l'Italia. L'addetta vuole una data precisa per il mio ritorno. Il 20 c.m. dico e chiedo se sarà possibile rientrare dal valico di Allenby Bridge, vicino a Gerico nel WestBank; mi dicono di si "no problem for you" basta telefonare per sapere gli orari, però non sa se la Giordania mi farà passare da li. Trovo la seconda persona israeliana veramente gentile dopo Tom a Tel Aviv. 
Mi indica qil bus che si muoverà nella terra di nessuno portandomi al valico giordano. 

Nell'attesa cerco di prendere un tea a una macchinetta automatica, 2 NIS per un tea che non esce, solo un bicchiere pieno di acqua calda. 
Grazie Israele! 


5 NIS per il bus, che non capisco se fosse obbligatorio; l'autista di resto mi da 1€.  

Entro nell'ufficio immigrazione della Giordania, controllo passaporto e alcune domande: 
  • quanto tempo starà nel Paese? 
  • dove alloggerà? 
  • Perchè ha prenotato solo un giorno l'hotel?
  • Vuole il timbro sul passaporto o preferisce su un talloncino? 

Alle 17.53 calpesto suolo Giordano. 

Esattamente 1 ora per passare la frontiera!!!


Un poliziotto mi chiama perchè sto passando dove passano le auto, devo andare sotto un metal detector... chiuso e senza nessuno... muah! 

Come si arriva ad Amman? 
Contrattazione taxi, vuole 50 JOD (circa 60€)
Arriva un giovane che tratta per conto di una signora col velo. Divido il taxi con la signora che va verso sud!!! 
Ultimo passaggio polizia giordana 
Via!!! 

E invece no... problem Visa della signora araba con passaporto USA. 
Dice di non trovare il talloncino di Israele, ripete a gran voce "Visa visa"; ritiene che all'ultimo passaggio il tassista, che ha dato al poliziotto i nostri passaporti, glielo ha perduto. 
Si ritorna indietro dopo aver rovistato in auto sotto 40 gradi e più. 
Ad ogni poliziotto va spiegato il perchè del percorso inverso. Per fortuna i poliziotti giordani non sono paranoici come quelli israeliani. 

Risolvono mentre io li aspetto seduto al fresco di una panchina al posto di frontiera. 
Era tutto sui computer. 

Alla signora, con passaporto USA, la polizia israeliana ha detto che non poteva entrare in Israele da nord, al valico di frontiera Sheikh Hussein, bensì deve raggiungere il famoso valico di Allenby Bridge. 
Lei è diretta a Ramallah, ma è cittadina americana... non erano amici sti due paesi? 
Come far impazzire la gente. 

Mi addormento nel mezzo ma, la miss arabo-americana non smette di parlare al telefonino nemmeno per un secondo, e per di più lo fa urlando. 
Mi sveglio e concordo con il mio giovane driver che, la miss, ha rotto tre quarti e na gassosa. 
Piccola sosta dove Mohammed mi offre una bottiglietta d'acqua, caffè arabo e un cioccolatino; idem per la miss. 


Provo a fare un altro prelievo, stavolta ho bisogno di dinari e non di shekel, ma non ci riesco. 
Dovrei pagare il taxi, ho 23€ e 100 shekel ... In pratica non arrivo a 50€ 
Tassista preoccupato!!!

Dopo Allenby Bridge andiamo ad Amman passando per le montagne giordane. Uno spettacolo che godo poco, perchè nonostante i 33 gradi è ormai notte e sono solo le 20.30. 

Cerchiamo il mio piccolo ostello nella down town illuminata a festa, urla e tv con schermo verde ovunque (c'è l'altra semifinale del mondiale); 
la radio a sorpresa passa una delle canzoni italiane più famose all'estero "un italiano vero" del grande Toto Cotugno (che proprio in questi giorni pare abbia avuto un malore) e scatta l'orgoglio nazionalistico dell'italiano all'estero e si canta ripetendo a intervalli che l'Italia è bella ed è grande (meno male che qualcuno nel mondo ancora lo pensa).
Finita l'esibizione canora, che mi risveglia dal mio torpore, finalmente riesco a prelevare, piccola trattativa e Mohammed cede a 35 Dinari con la promessa che lo richiamerò. 

In ostello pago 6,38 JOD, ma la cosa bella è che dopo una giornata come quella di oggi, il ragazzo alla recepción ha grossi limiti con i numeri; 
Per prima cosa non capisce se sono 6€ o 6 JOD, poi mi prende 10 dinari e sbaglia il resto, non una ma ben 5 volte!!!  
non ne veniamo a capo con i conti... 
dopo ben 10 minuti e una calcolatrice riesco ad avere il mio "grande" resto, 3,6 JOD. 
Dopo qualche istante ci aggiunge 0,10 JOD... boh! 

Esco, guardo il secondo tempo di Croazia - England, mangio un boccone e finalmente mi tuffo in una doccia calda e rigenerante... ma soprattutto ripulente!

Sono in Giordania, mi lascio alle spalle la Palestina per qualche giorno. 


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