Ciao Povery

Oggi è il giorno in cui conosciamo Nelson, senza dubbio alcuno, il miglior tassista in tutta la provincia di Villa Clara e forse di tutta la metà dell'isola che abbiamo visitato.


Serio, garbato, elegante nei modi, sorridente e tranquillo; da non sottovalutare che si é fermato ogni volta volessimo guardare qualcosa che attirava il nostro interesse e quello dei nostri due amici francesi.


Sulla strada che conduce a Cayo Santa Maria é d'obbligo la sosta nella piccola e coloratissima Remedios, una delle più autentiche cittadine coloniali del Paese.



Fanno da cornice alla piazza centrale, edifici coloniali del XVIII° e XIX° secolo tinteggiati con accesi colori pastello, non a caso il suo centro storico é Patrimonio Nazionale dal 1980.


Incuriositi dalla cattedrale che campeggia sulla piazza, entriamo in cerca di un po' di fresco. Ci viene incontro Padre Lazaro della Chiesa Maggiore dedicata a San Giovanni Battista: é un francescano, come ci suggerisce il Tao che porta al collo. E parla un buon italiano.

Il primo colpo d'occhio lo abbiamo dal famoso altare alto e dorato e dal soffitto in mogano, che altro non é che uno scafo di una nave del secolo delle colonizzazioni capovolta e usata come soffitto; tutto ciò finanziati negli anni '40 del '900 dal filantropo milionario Eutimio Falla Bonet. 


Ma la particolarità che ci colpisce di più di questo luogo sacro è la statua posizionata sulla sinistra che simboleggia la gravidanza della Madonna: l'unica su tutta l'isola. Padre Lazaro ci mostra anche la statua della Nostra Signora del Buon Viaggio, aggiungendo che pregherà per noi, visto che veniamo da molto lontano. In effetti le 9 ore d'aereo che ci aspettano a breve cominciano a mettere un po' d'ansia.

Diretti ad un resort dove trascorrere gli ultimi giorni in totale relax, decidiamo di regalare a Padre Lazaro tutto quello che ormai non ci servirà più: salviettine intime, flaconcini di shampoo e bagnoschiuma, fazzoletti di carta, medicine. Padre Lazaro è sinceramente riconoscente, distribuirà questi piccoli beni tra le persone più bisognose che segue con la parrocchia e ci emoziona quando dice che è convinto che nessuno si incontra per caso, ma che c'è un filo, un volere più grande dietro. 

Così, perché non ci possiamo dimenticare di lui, ci dona due immaginette. E grande è la sorpresa quando scopriamo che si tratta di Sant'Antonio, il nostro amato Santo.



Fuori intanto tutt'intorno é coperto di bar e locali e anche da un'altra chiesa, Nostra Signora del Buon Viaggio, che alterna messe e cerimonie con la chiesa Maggiore. Parque Martí é l'unica piazza in tutta Cuba ad avere due chiese. 




Sotto il sole cocente ci immergiamo per un attimo nel clima sonnolento di San Juan de Remedios (nome intero della cittadina), con l'umidità caraibica che si appiccica addosso. Il tempo di un caffé con Nelson, mentre i francesi girovagano in cerca di qualche scatto social.




Intanto, immaginiamo come deve essere a dicembre la festa de Las Parrandas (le parate di Natale) mentre scambiamo parole con qualche sconosciuto, sorseggiando il nostro caffè e succhiando la nostra canna da zucchero.


Ancora un po' di strada e siamo all'ingresso del Cayo (isolette collegate all'isola grande), grazie al pedraplén, una strada costruita su una lingue di terra, che attraversa le acque della Bahia de Buena Vista; ci sembra di fluttuare sul Mar dei Caraibi. Ma Jack Sparrow non è all'orizzonte!


Qui a Cuba per entrare nei Cayos c'è bisogno di presentare documenti e prenotazione in uno dei tanti Resort, ad un posto di polizia che ricorda un passaggio di frontiera tra due Stati autonomi. Questo perché l'accesso ai Cayos é vietato ai cittadini cubani... follia pura per noi che utopisticamente immaginiamo un mondo senza confini!

Nelson può passere in quanto tassista, per portare i turisti al resort e poi deve lasciare il Cayo. Non gli é permesso nemmeno accettare il nostro invito per un caffè nel resort.

Tutti i cayos sono vietati ai cubani, per loro é possibile villeggiare solo in campeggi e spiagge meno belle. Tutto il meglio a Cuba é per il turista. Anni fa era proibito per tutti recarsi nei Cayos, finché non ci fu una protesta del popolo e allora ai cubani fu ammesso l'accesso... ma solo con una prenotazione fatta da qualcuno dall'estero, perché il governo ammette pagamenti in dollari statunitensi o euro e non in moneta locale. Con il tempo e il cambio generazionale si é tornati al divieto quasi assoluto. Questo non é Socialismo, a nessuno deve essere vietato di godere della bellezza del mondo, men che meno a chi é nato e vive in un posto.


Ha inizio il nostro descanso en Cayo Santa Maria.  Qualche giorno tra spiaggia caraibica,acque cristalline e calde, sole bollente, relax. Non vediamo l'ora, un po' di riposo ci vuole e anche gli amici francesi sono d'accordo. OPERAZIONE CIAO POVERY iniziata! 


Le acque cristalline di Cayo Santa Maria si presentano di uno scintillante colore turchese e sorprendono con tutte le tonalità di azzurro di cui sono capaci. Ogni momento della giornata regala dei colori e delle atmosfere differenti. 


La spiaggia fine sotto di noi ci sembra farina... nelle calde acque sembra di camminare sul cotone... una volta entrati facciamo fatica ad uscire da questo mare.



Ci godiamo il sole, le passeggiate, le nuotate e il cibo in questi giorni di pace e relax. Ma soprattutto, facciamo il nostro incontro con la barriera corallina. È un'esperienza nuova per noi e le aspettative non vengono tradite. Sebbene gli intenditori ci abbiano detto che la barriera corallina egiziana è più bella, questa ci pare già meravigliosa e ci lascia quasi senza fiato. Nuotare tra pesci colorati di tutte le dimensioni e sfumature, è bellissimo. Tutt'intorno piante marine, formazioni mai viste prima, alcune rocciose... Pare di essere finiti improvvisamente nel cartone animato della Disney, La sirenetta.  Non abbiamo foto della barriera e forse questo è anche meglio: abbiamo abbracciato tutto con i nostri occhi protetti dalla maschera, abbracciando con lo sguardo il più possibile per custodirlo nella memoria. 


Nel mezzo dei mille bagni nello spettacolare mar dei Caraibi c'è sempre posto per un po' di latte di cocco direttamente dalla sua noce, tagliato e donato per noi.

Tra le tante meraviglie dei Caraibi ci sono anche gli incontri con ogni specie del regno animale: i bellissimi delfini, granchi enormi che passeggiano lateralmente nelle stradine del villaggio adagiato sulla spiaggia bianca.  La notte qualcuno più coraggioso degli altri, bussa alla nostra porta-finestra facendo scricchiolare le chele sul vetro!


Ogni tanto un serpente ci taglia la strada passandoci quasi sui piedi, i gechi adagiati sulle pareti del nostro blocco ci fanno sperare in qualche zanzara in meno e se non bastasse, due cuccarachas ci appaiono in momenti diversi nella nostra camera. Orrore!

Nonostante lo schifo, la stanchezza ci fa chiudere occhio.

Proviamo tutti i ristoranti del villaggio e a noi garba di più quello un pochino più fighettino... ovviamente! Siamo o non siamo nel pieno dell'operazione CIAO POVERY!


Su tutto, in ogni pranzo e ogni cena, vince lui... il gelato cubano! Ne mangiamo a chili. 


Le sere sono sempre allietate da spettacoli di ballerini professionisti che noi riusciamo a gustare sempre poco perché vi piace non avere tempo scanditi ma rilassati, magari con un Ron Santiago tra le mani.



Le incursioni notturne sulla spiaggia sono un must che ci regala vista di una scia enorme di una stella cadente... un meteorite in stile film di Hollywood. 

L'emozione ci fa tirare fuori due sorrisi beoti. Ed esprimiamo un desiderio sincero.


Quando i giorni panza all'aria finiscono, purtroppo, noi abbiamo il nostro fidato Nelson ad aspettarci davanti al Resort, come da accordi presi nei giorni passati.


Dopo la ricca colazione, soprattutto a base di Mango, si riprende il cammino: direzione L'Havana.


Con Nelson il viaggio é molto piacevole e anche le soste sono tranquille. Passiamo per la Candonga in via 26 luglio ... un mercato dove si trova di tutto: pezzi meccanici, pittura, gomme, ferramenta ...




Prima si ferma in un posto turistico per uno spuntino, e usare il bagno, poi, capite le nostre intenzioni, si ferma in un chioschetto "per cubani" da cui prendiamo al volo acqua e altre bevande per meno di 4€.


Il ritorno nella Capitale ci emoziona e decidiamo di passare gli ultimi due giorni in uno degli hotel più tipici e belli della città: l'Hotel Raquel. Un albergo che é da visitare anche se non si vuole soggiornare. In piena Havana Vieja, tra le stradine che portano i segni del tempo e della situazione attuale, si fa notare per la sua architettura. 

Appena dentro, si salgono pochi gradini e si viene travolti da una esperienza visiva senza eguali, lucidi pavimenti contornati da vetrate in stile Art Noveau, divani, statue, colonne, stucchi e decorazioni si affacciano in un grande patio dove, grazie a un magnifico lucernaio, arrivano i raggi del sole con spettacolare effetto cromatico.


Ci colpiscono i tanti richiami alla fede ebraica, infatti l'hotel Raquel é storicamente legato a questa confessione religiosa. In cima, l'edificio si conclude con l'attico che offre un solarium con vista sulla città.



Siamo gli unici ospiti del Raquel, c'è un problema con l'acqua calda e l'aria condizionata e vogliono mandarci in un hotel in piazza San Francesco. Il nostro é un NO categorico, desideravamo il Raquel dal primo giorno a Cuba, ormai giorni orsono, e lì vogliamo soggiornare.


In fin dei conti, l'acqua per lavarci la usiamo fredda...con sta calandra!

E la notte dormiamo con le finestre aperte perché dopo l'intoppo Trinidad, l'aria condizionata la evitiamo come la peste bubbonica.

La gentilissima direttrice ci dice che se accettiamo queste condizioni, per lei va bene! Evvai! Siamo la sola camera sulle venticinque disseminate sui due piani: figo!



Le nostre ultime 48 ore le passiamo tra calle Obispo e locali come il famosissimo Floridita... di cocktail, alcolici o analcolici, ne proviamo molti e il tempo scorre piacevolmente.


Ma che non si pensi che noi passiamo tutto il tempo in relax o a sbevezzare... giammai!!

Troviamo il tempo per visitare il Capitolio che ci è stato caldamente consigliato da Reouben e Mael, che dopo Cayo Santa Maria hanno proseguito verso sud. 

In effetti, merita. Il lusso la fa da padrone tra specchi, stucchi, divani, statue. Il contrasto con la povertà vista per strada è evidente.


Il Campidoglio, o Capitolio, é stato costruito nel 1929. La sua cupola risalta per la somiglianza con quella del campidoglio americano o se vogliamo esagerare con la cupola della Basilica di San Pietro a Roma. L'imponente edificio che si fa notare é alla fine del Paseo del Prado, il viale alberato più rinomato de L'Havana. Era la sede ufficiale della Camera dei Rappresentanti del Senato di Cuba; dopo la Rivoluzione del 1959 divenne sede del Ministero de Ciencia, Tecnologia y Medio Ambiente.


Per accedere bisogna salire una gradinata di circa cinquantacinque gradini, fiancheggiata da due statue.


La nostra guida nel gruppo di visitatori, una tonda ragazza sorridente che parla perfettamente anche inglese, quando capisce la nostra provenienza, sottolinea di continuo quanto dell'Italia ci sia nel Capitolio: i marmi di Carrara, le suppellettili in vetro di Murano in primis.


Ma soprattutto la maestosa Statua della Repubblica nel Salone de los Pasos Perdidos, che raffigura una donna di bronzo alta 14.60 metri simboleggiante la virtù protettrice del popolo e del lavoro. 

É qui che prende il sopravvento il nostro orgoglio italiano, perché la statua in questione é stata progettata dall'architetto italiano, il bresciano Angelo Zanelli, famoso per il fregio dell'Altare della Patria a Roma.


Nel Capitolio, inoltre, si trova una stanza intera dedicata allo scultore italiano, con tutte le bozze ritrovate dai parenti prossimi, con tanto di bandiera tricolore... Fratelli d'Italia! 


Puntiamo l'altra sponda della bahia de l'Habana, che divide la città. 

Stadio Panamericano, statua del Cristo e la Cabana del Ché.

Per arrivarci optiamo per traghettare con un ferry da Habana Vieja a Casablanca ma sbagliamo e saliamo su quello per Regla.

Una volta scesi, ci mischiamo agli autoctoni, tutte persone in canotta o comunque smanicati, ciabatte e uno sguardo incuriosito quasi a dire "ma addò vanno sti due?".

Quando chiediamo per il Cristo e la Cabana del Ché ci dicono che dovremmo fare tutto il recorrido (il giro) con il bus cittadino.

Ok, ci era stato sconsigliato ma nessuno ci ferma.




Il recorrido é lungo e di fatto ritorniamo al punto di partenza... ohi ohi!, per poi proseguire! Totale viaggio in bus in compagnia dei locali:  un'ora!

Dopo un po' nel bus tutti ci parlano e ci consigliano sul luogo più vicino dove scendere. Siamo l'attrazione di una parte meno turistica della città! Troppo ben vestiti e troppo incuriositi per confonderci come locali. 


Ma finalmente, non possiamo sbagliare: l'autista ci fa scendere proprio sotto i piedi della grande statua del Redentore (dopo Maratea e Rio de Janeiro ecco quella de L'Havana) e di fronte c'è quella che fu, per pochi mesi, la casa di Ernesto Guevara de la Serna dopo la Rivoluzione. 


Qui allestì corsi di formazione non solo per i militari, qui si pianificavano le azione del nuovo Governo, si praticavano e insegnavano gli scacchi e qui  il suo asma lo colpì nuovamente.


Ci godiamo il colpo d'occhio sulla città da quest'altura e ci fermiamo a pensare a quante cose é, quante cose é stata e quante cose sarà questa Capitale dal nome esotico, che fa sognare chi decide di visitarla. Ricca di storia e contraddizioni, malinconica e ballerina... L'Havana ci lascia dentro un arrivederci.



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