Memento


7/2
Il freddo si sente... punge le orecchie scoperte... preferisco non indossare il cappello... é una bella giornata con cielo sereno; ci sono ancora i resti di una recente nevicata... la colazione è da leoni... mi sento come frastornato... Risveglio lento e calmo... la prima meta è la stazione dei treni... molte assonanze: treno, stazione, est, freddo, bellezze di ghiaccio, anche la lingua se vuoi...è quasi una sorta di preparazione alla prossima Transiberiana.
Le donne non disdegnano di lanciare uno sguardo furtivo per poi abbassare il capo al primo incrocio di sguardi, qualcuna sentendoci conversare in italiano si spinge fino ad un "ciao"... 
ma non si è qui per fare conquiste amorose, bensì per un viaggio dentro...se stessi, la memoria...la libertà, la vita... la conoscenza. 
Da buon italiano, però, non disdegno di osservare queste bellezze nordiche, che sembra si siano vestite a caso, che indossano una compostezza a tratti spiazzante, adornate da due occhioni, quasi sempre azzurro cielo, che sprigionano dolcezza e fierezza. I capelli possono essere biondi, rossi o, anche, nero pece, a contornare un naso mai ingombrante e una bocca serrata. 

La stazione è pulita, profuma di lavato... poche anime a farne capolino... Per acquistare il biglietto c'è una piccola fila, che si smarrisce in poco tempo. 
La nostra destinazione: Auschwitz o in polacco Oswiecim... Pochi zotly (moneta locale) e dopo una breve attesa sulla banchina eccoci sul locomotore.

Di fianco a me, seduta, una ragazza biondina, nasino tondo all'insù, piccoli occhi celesti e lunghi capelli raccolti in una coda laterale, che lascia scoperto un grazioso tattoo sul lato sinistro del collo. Mangia un pretzel che le si sfarina sulla lunga maglia di lana blu. 
La sua timidezza mi fa compagnia mentre il treno si snoda tra paesi con case dal tetto a punta. 

Il mezzo proseguo il suo cammino lento e incessante mentre io alterno pensieri e qualche sonnellino in un vagone che nulla ha a che vedere con quello dei deportati nel periodo, molto probabilmente, più buio della storia dell'uomo. 





Auschwitz I ... poi Auschwitz II Birkenau ... sembra di stare in un film. 
Fatico a credere che davvero in quei luoghi un uomo è stato capace di tali crudeltà nei confronti di un altro uomo. 

Nel primo campo mi impressiona la famosa scritta all'ingresso... "Arbeit Match Frei", il lavoro rende liberi  ... difficile dinanzi a questa scritta non porsi il quesito "ma liberi da cosa?".

Il silenzio, che mi accompagna nel mio andare volutamente da solo, è pregnante; il rumore dei soli miei passi accompagna i pensieri di tristezza e desolazione che si annidano nella mia mente. 

Si esce in silenzio scambiando qualche impressione...direzione Birkenau, di li poco distante. 

Ed è proprio Auschwitz II BIrkenau a lasciarmi maggiormente inorridito. 
Qui è proprio palese come ad un certo punto la già follia umana ha sforato, ha rotto gli argini. 
Ormai solo numeri...dovevano essere il più possibile...una catena di smontaggio...nessuna perdita di tempo...i vagoni dei treni merci fatti arrivare direttamente dentro questo campo dove oltre a delle grandi camerate di legno c'è il freddo gelido... chi non "serve" direttamente dal vagone al forno crematorio... qualcosa di orrendo. Senza parole. 


La parola usata all'ingresso...libertà... si scontra fortemente con quello che i miei occhi vedono e leggono.
I pensieri vanno a chi ha resistito, a chi veniva giustiziato dopo un processo sommario, a chi ha provato ad aiutare, al prelato Maximilian Kolbe, a chi era politicamente contrario a quei folli, ai tanti che si sono trovati a vivere qualcosa che nessun essere umano merita, ai bambini ignari, a donne e uomini a cui è stata tolta finanche la dignità, a chi è riuscito ad evadere da quel l'inferno, a chi è morto, a chi è stato torturato in nome della scienza, a chi ha dovuto togliere i cadaveri dei fratelli, a chi era deriso, schernito, a chi ha patito il freddo e la fame e poi ne è uscito sopravvissuto, tornando a casa...ma non trovando più la sua casa, la sua famiglia, la sua gente... non trovando più nemmeno se stesso. A chi non ha mai avuto la voglia o forse il coraggio di rivivere quelli anni ricordando...

Cammino da solo dentro Birkenau, il sole sta calando dietro alberi spogli. I miei passi calpestano la piattaforma di pietre dove venivano ammassati cadaveri prima di essere bruciati nei due grandi forni abbattuti. Crisantemi sotto il monumento alla Memoria. 
Questo silenzio è rumoroso.
Continuo a girare costeggiando quelle che erano fosse comuni, fino a raggiungere un lago di cenere umana. 
Qui il mio cuore ha un sobbalzo.
Il mio stato d'animo già provato ha un colpo. 
Uomini.
Umani. 
. . .
Ritorno all'ingresso vagando tra i resti delle centinaia di capanni.
Non riesco a parlare e tantomeno a pensare.
Il buio mi sorprende e sono ancora dentro Birkenau... osservo l'unico vagone rimasto li a ricordo, di quelli usati per trasportare merci. 
Mi avvio verso l'uscita camminando sui binari che portavano questi treni direttamente nel cuore del campo di sterminio. 
Buio. 
Qualche luce qui e la.
Il freddo.
Il freddo che gela il corpo, ma anche quel freddo che ghiaccia l'anima. 
Mi assale profonda tristezza. 

Mai più.



Commenti

  1. Solo un giorno e una notte in solitudine a Birkenau, in compagnia del silenzio e del freddo per ascoltare con l'anima smarrita solo qualche lontano frammento del dolore subito e vissuto in quei giorni, o intuire lo strazio della ragione alla ricerca di un perchè, coperti solo dal freddo della notte simile a quello della morte imminente. Solo questo, potrebbe bastare a far capire a chi ancora oggi, nega o rimpiange tutto questo?

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