Il Mukhayyam

02 Luglio 2018


Finalmente dormo come un ghiro, tanto da non sentire nemmeno il Muezzin che alle 4 del mattino chiama alla preghiera. 
Ieri sera al mio arrivo Andrea si è prodigato di spiegazioni e mi ha mostrato la stanza che condivideremo solo per due notti, lui ha in mente di ripartire per altre città Palestinesi e completare il suo reportage. 
Dopo un po' di chiacchiere andiamo a fare un giro in zona. È già circa mezzanotte, ma la città è più viva che mai. Un paio di matrimoni, clacson, sgommate, confusione, luci, gente. 
Noto che ci sono molte auto e tutte ben curate; spesso automobili costose. I Palestinesi come altri si fanno debiti per una macchina anche se poi a casa non hanno da mangiare. Assonanze col potentino! 

Ci dirigiamo in una pasticceria, Nablus oltre ad essere famosa per l'olio e il sapone, lo è anche per i dolci. I suoi dolci sono i più buoni del mondo Arabo. 
Mangio un Knafeeh, famosissimo dolce con formaggio e baklawa con mandorle, pistacchio e miele. Ottimi che dire. 

Rientriamo... sono distrutto. Dopo le comunicazioni a casa di rito, crollo nelle braccia di Morfeo avvolto dal mio sacco a pelo. 
Mi sveglio alle 8.30 ,ora locale, chiamato da Andrea, Amjad alle 9.00 verrà a prenderci per andare al Mukhayyam (il campo refugiati). 
La stanza che mi accoglie in questo "hotel", da standard molto bassi, è pressocchè fatiscente; due letti singoli e uno matrimoniale, molto minimal, cosi minimal che in bagno non abbiamo ne specchio ne carta angelica... due scarafaggi mi salutano: ben arrivato. 
L'acqua va con il pannello solare, quindi di primo mattino è fredda, ma io non demordo e mi tuffo in doccia, rapida e indolore. 

Trovo un caldo tea ad aspettarmi preparato da Andrea, questo ragazzo 29enne che fa il fotoreporter, un ragazzo magro, rosso di capelli e pieno di lentiggini, romano di centocelle, che già da 4 mesi gira per i Territori Occupati e fa delle bellissime foto. 
Parla inglese e anche un po' arabo. Si fa capire bene e mi inizia al campo. 

Aspettiamo Amjad fino oltre le 10... puntualità araba. 

Con un pulmino dell'associazione ci porta a New Askar, campo refugiati di 6000 anime in 1 km quadrato! 
Ci fermiamo a comprare della carne e io ne approfitto per la mia colazione... karouf, ovvero pecora!!! 
Speziata ben benino. 

Per fortuna che mangio perchè il prossimo cibo lo vedró fra molte ore. 

L'ingresso di New Askar è una grande chiave, simbolo della Nakba


che è l'esodo della popolazione araba palestinesedurante la guerra civile del 1947-48, al termine del Mandato Britannico, e durante la guerra arabo-israeliana del 1948, dopo la fondazione dello Stato di Israele. Nakba è il nome assegnato a questo evento dalla storiografia, non solo araba.Durante tale conflitto, più di 700.000 arabi palestinesi abbandonarono città e villaggi, o ne furono espulsi, e, successivamente, si videro rifiutare ogni loro diritto al ritorno nelle proprie terre, sia durante sia al termine del conflitto. Questo esodo è anche all'origine della successiva problematica dei rifugiati palestinesi, che costituisce uno dei contenziosi più difficili da risolvere del più ampio conflitto arabo-israeliano e del conflitto israelo-palestinese. I rifugiati palestinesi e i loro discendenti registrati dall'UNRWA erano 5.149.742 nel 2015, di questi molti risiedevano nei campi-profughi palestinesi. 

Una volta dentro il mukhayyam ai possono notare bandierine palestinesi e bandiere di Hamas, Movimento Islamico di Resistenza, che è un'organizzazione palestinese di carattere politico e paramilitare, che gestisce anche ampi programmi sociali, e ha guadagnato popolarità nella società palestinese con l'istituzione di ospedali, sistemi di istruzione, biblioteche e altri servizi in tutta la Striscia di Gaza. 

Entriamo nel centro dove da oggi inizia il Summer Camp per tutti i bambini del Campo. Ci sono una miriade di ragazzini e ragazzine e una confusione, oserei dire, araba. 

Vengo presentato agli operatori del campo e inizio una breve visita della struttura... intanto sarà la pecora o le spezie, fatto sta che ho una sete balorda. 
Mi fiondo al chioschetto nel campo appena fuori il centro e mi scolo una bevanda al pompelmo. 

Giro un po' mentre i ragazzini fanno merenda sparsi qua e là nella loro disorganizzazione, e mi trovo nella stanza dove si fa teatro. Ben presto divento l'attrazione della giornata, fino ad essere tirato sul palco a ballare la dabka, danza folkloristica palestinese, che significa letteralmente "battere i piedi per terra".  

Dopo una bella sudata e buona parte dei passi imparati, ci spostiamo al piano di sopra, nelle biblioteche; io diserto per un caffè turco, mentre Andrea sta facendo un servizio forografico per il suo progetto, con ragazzi e ragazze in abiti tipici e kefiah.  




La giornata scorre tra sorrisi, balli, sport e varie attività, la confusione è tanta come i bimbi. 
Con dei ragazzi più grandi, che fungono da operatori del summer camp, vado a fare un giro per il mukhayyam, non è consigliato girarci da solo. 

Giriamo e quello che vedono i miei occhi sono case fatiscenti che si innalzano tra la polvere delle strade in mezzo a sporcizia e lamiere, ma anche alcune automobili. Sui muri molte scritte in arabo-palestinese inneggianti al ritorno alla propria casa, alla propria terra; spesso trovi sventolare bandiere palesinesi mischiate a quelle di Hamas. Qui e lì un negozio, maggiormente dei mini market, dove si trova davvero di tutto. E poi spuntano piccole moschee costruite di tutto punto, che ti spingono a chiederti come mai un popolo tanto martoriato trovi soldi per costruire moschee e non per sistemarsi con case. 





ragazzi mi mostrano un insediamento di coloni (come son chiamati gli ebrei nei territori) posto sopra la montagna con una stradina personale e i vari check ponti per raggiungerla. 

New Askar è una cittadina nella città, si trova poco fuori Nablus, passando per sfasciacarrozze e sporcizia. Ogni 15 minuti circa sorvolano uno o due caccia bombardieri dell'aviazione israeliana, il forte boato che provocano mi scuote mentre ai ragazzi non fa più alcun effetto... l'abitudine. Del resto qui si nasce e si cresce con il suono dei caccia. Nelle pareti dei palazzi metà costruiti ci sono segni di pallottole dell'esercito israeliano. 
Dopo 70 anni di occupazione anche nei campi si è passati dalle baracche a costruirsi case fatte in pietra. 




L'impressione che ho di Nablus è di una cittadina vivace, come sono le città arabe, confusionaria e tranquilla; la popolazione è prettamente mussulmana con presenza cristiana e la religione è molto presente, la prima domanda che viene fatta da grandi e piccini è "sei mussulmano o cristiano?", ancor prima di chiederti come ti chiami. 

Sicuramente il palestinese non è molto diverso dal resto dei popoli, vuole vestire bene e punta ad avere la macchina di grande cilindrata e costosa...insomma a chi non attira la bella vita? 
E credo che sia questa la guerra psicologica di Israele nei territori. "Bombardare" con prodotti la testa della gente... la frutta è Israeliana, il pesce che arriva al mercato è Israeliano, la bevanda XL (tipo red bull) è Israeliana... e così via. 
Si vive in un grande ghetto circondati da coloni, e ai bordi della città si trovano i campi refugiati che hanno vita a se.
Nel campo tante sono le scritte sui muri e le foto di martiri di questa o quella intifada o comunque caduti per mano degli ebrei. 
Puó sembrare molto facile giudicare le prese di posizioni di questo popolo, ma così facile non è, da nessun lato la si guardi. Si può pensare che i palestinesi non facciano nulla, che acquistando prodotti sionisti sbaglino, che inneggiare ad Hamas piuttosto che ad Al-Fatah sia sbagliato, che spingere a tirare pietre i più piccini che poi Israele preleva a casa e arresta, certo una volta in carcere escono più incazzati di prima, ok... ma come puó un europeo giudicare tali scelte? 
Se grazie a internet possono mostrare al mondo le nefandezze israeliane, sperando che la comunità internazionale reagisca, puó essere una grave colpa? 





Dimenticare che questo popolo viveva tranquillo e in prosperità e all'improvviso si è visto invadere e cacciare dalle proprie case, dalle proprie terre, questo è grave. 
Se io dovessi essere invaso dagli spagnoli con la scusa che prima il sud italia era borbonico, come reagirei? 
E se un Paese vicino, che so l'Albania, mi dovesse offrire ina nuova Nazione dove stare (cone successe ai Palestinesi con la Giordania), io? Accetterei? O mi sentirei che l'Albania non è casa mia? Casa mia è la Basilicata, le mie montagne. 
Come si puó pensare che un popolo non lotti per le sue radici? 
Di contro ogni popolo ha delle debolezze, e si sa che i vizi fanno cadere gli uomini, e allora ci sono palestinesi che si vendono agli occupanti. 

Ho come l'impressione che del campo rigugiati al resto della città importi poco...probabilmente perchè ognuno ha da fare i conti con i propri problemi quotidiani. 

Verso le 16.00 trovo sulle panchine nel cortiletto del centro dei ragazzini che stanno tagliando una torta, non capisco se ci sia un compleanno o qualcosa di simile, fatto sta che mi offrono un bel pezzone e non disdegno. Ho una fame! 

Con Andrea andiamo via, verso dawar, il centro città. 
Taxi 2,5 NIS. 
Entriamo in una bettola in mezzo a mille negozi, ambulanti e gente che va e viene. Il caldo è asfissiante. 
Un bel Shawarm (carne cotta allo spiedo) e acqua a volontà (26 NIS in due), pomodori e cipolla, ci butto dentro sale misto a spezie e addento la cosa che oggi mi sembra la più buona del mondo. 





Giretto nel souk dove mio malgrado non trovo ció che sto cercando. 
Stanco e con i piedi bollenti ci rilassiamo in un "bar"... un bel tea caldo io e il narghilè  per Andrea e la TV, mondiali di calcio gioca il Brasile. 

Ormai sono le 19, ci dirigiamo a piedi verso Rafeedya, dove alloggiamo. Camminata piacevole anche se ormai la giornata si fa sentire. 
Mi perdo nei suoni e nei rumori, nelle urla e nelle risate, nella luce ancora presente del giorno. 
Iniziano le soste per comprare la cena, 6 felafel 1NIs (!!!)... 
3 pagnotte arabe e 1 piadina araba (msmen) 2 NIS (!!!)... 
c'è tempo per una sosta allo stadio di Nablus, una struttura veramente ottima con un manto di erba sintetica ben tenuto. Giocano di compagini di giovanili. Assistiamo al fallo in area e conseguente rigore. Il calcio unisce sempre. Tre ragazzini ci chiedono da dove veniamo e al sentire Italia, ci chiedono come mai non siamo al Mondiale. A me chiedono se gioco a calcio. Giocano per un Academy del Paris St Germain. 
Sognano un futuro da sportivi in una palestina libera e riconosciuta. Il campo sportivo è sovrastato da un monte e, sopra di esso, sventola una gigante bandiera Palestinese. 




Salutiamo i nostri giovani calciatori e ci fermiamo a prendere l'Hummus  e una verza fatta con salse (16 NIS totali). 

Finalmente la stanza. 
Doccia semi calda Andrea, ghiacciata io ... porca paletta!!! 
Ma c'è necessità di lavarsi. 

Mentre riposo Andrea mi chiama... ceniamo tutti insieme, io, lui e tre ragazzi di Gaza e un docente di Cleveland che insegna all'università palestinese. 
Mettiamo tutto il cibo insieme: hummus con filo di olio, in realtà Andrea butta giù l'equivalente di 6 litri, pane, fagioli fatti a zuppa con spezie, tonno con peperoncini verdi di Nablus, uova, felafel e verza... 
bel momento di convivialità, una sorta di Erasmus arabo. 
I ragazzi di Gaza non possono più entrare bella Striscia e vivono ospiti di Amjad, il quale gli da dei lavori da fare. 
Uno ha appena avuto un figlio che non puó vedere, se non via internet. 
L'altro ha perso il padre poco tempo fa in alcuni scontri. 

Si finisce la serata con l'ennesima partita, Belgio-Japan 3a2 all'ultimo secondo, al Pc di Andrea con internet che si blocca perchè non era stato pagato... una ricarica al volo e riavremo linea nel secondo tempo. 

La giornata è stata piena e caotica, sinceramente la mancanza di organizzazione mi rende instabile. 
Ognuno fa un po' come gli pare. Chi va e chi viene. 
Il centro è l'unica istituzione che porta qualcosa ai ragazzi del campo e si avvale di svariati volontari internazionali e non. 

Mi stranisce vedere come prosegue la vita qui e come la vediamo dall'esterno.  

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