Knafeh e panni da lavare

05 Luglio 2018

La mattina è a rilento... carico nella sacca un po' di roba da lavare, troverò una lavanderia. 
Sosta alla pasticceria della prima sera, quella sotto casa. 
Gentile uno dei proprietari che parla inglese... mi fanno provare qualcosa che già basta come colazione. 
Mangio due tipi di dolcetti e caffè...aspettando la knafeh. "Anche la knafeh vuoi amico mio?", mi dice il proprietario sorprendendosi; "of course". 

Fa caldo... a un tavolo seduti co sono cinque uomini e tre donne che mangiano quanto o più di me. 
Il via vai di auto è incessante... i clacson dei taxi non smettono di cercare d'attirare l'attenzione dei passanti... 
il buon vecchio Amjad ieri sera mi ha dato un foglio con scritto in arabo la destinazione del campo, cosi da darlo al taxi. Molto chiaro...da oggi si va per cazzi propri. 
Ok. 
Decisione presa...ci si muove. 
Mentre cammino e mi avvicino alla piazza dei taxi,  incontro Rabah seduto dinanzi a un negozio di bigiotteria con due suoi amici... lo chiamo e parte l'abbraccione che stritola... Rabah è bello grosso! 



Con i suoi amici mi invitano a mangiare knafeh... ma io poco fa l'ho mangiata. 
Due chiacchiere e prometto di ritornare, loro mi ricordano che domani è chiuso...venerdi. 
Cerco senza fortuna una lavanderia, la lavatrice in ostello lascia la roba puzzolente. Non trovo nulla. 
Vado ai service e finalmente capisco una differenza...se prendi il service che funge un po' da piccolo bus, riempiendolo di gente che va il quel tale posto, shekelin (termine per dire 2 shekel), se prendi taxi, quindi ti porta dove vuoi senza aspettare di riempire, 10 NIS. 

Al campo le attività sono entrate nel vivo...ogni spazio un laboratorio. 
Laboratorio di dabka 


Laboratorio sportivo
Stamane insegno la capovolta e salti vari





Il centro è in piena attività, passo tra gruppi che imparano danze arabe a quelli che discutono dei problemi nel camp.
Penso alla mia sacca piena di intimo e magliette puzzolenti!

Mentre sto parlando con un giovane danzatore di dabka, arriva Amjad con due ragazze e un uomo, mi dice essere due italiane e ci presenta; sono Stefania e Luisa, assistenti sociali romane, che fanno un documentario sulla Palestina. Stefania, con la quale parlo, è anche videomaker, indossa un vestito-tunica, un velo in testa a mo di turbante e dei sandali; mi spiega che sono in giro per i territori e che alloggiano a Jericho dal signore che le accompagna, palestinese, che gli fa da hospitalero e driver, poi mi chiede "ma tu che ci fai qui?". 

Dopo la visita di tutti gli spazi del centro e le interviste, la mia compresa, scambiamo due parole io e le romane e sentendo che tra i posti in cui vorrei andare c'è Jericho, mi invitano ad andarci con loro; 
In verità parliamo proprio tanto della questione palestinese e della nostra veduta delle cose. Chiedono a Mohammed Salami, il loro driver, e lui accetta di buon grado ma prima c'è la visita alla Nablus vecchia accompagnati da Ohud, ragazza funzionaria del comune segretaria del Sindaco. 
Non avviso Amjad, del resto non sembra dia molta importanza alla mia presenza o assenza. 

Passiamo belle ore tutti insieme tra le vie di Nablus e faccio il cicerone come ho fatto nel centro, tanto che Ohud si complimenta con me, "un vero esperto di Nablus" dice, vedendo che conosco già posti, prodotti, ma soprattutto mi salutano per nome nel souk" e questa cosa sorprende anche me. Nablus in my heart. 

Intanto non trovo una lavanderia, eppure nei giorni scorsi ne vidi più di una. Mi tocca girare con sta sacca maleodorante. 

In ogni posto ci fermiamo ci viene offerta una bevanda, che sia caffè o tea. Il tempo migliore lo passiamo in un bazar dove acquistiamo sapone e spezie ma soprattutto io mi rilasso nel fondo della casa-grotta seduto su dei divanetti bassi sorseggiando caffè e suonando una chitarra. 


Tra le viuzze caratteristiche tanti sono i bambini che mi avvicinano incuriositi, ma uno più degli altri attira la mia attenzione, sarà perché me lo ritrovo sempre tra i piedi con i piedini scalzi, gli occhi vispi e curiosi che ride e zompa. Si siede vicino a me su una panchina della città vecchia, restaurata e che presenta alle porte ancora i buchi delle pallottole israeliane della prima intifada, mi osserva e intanto iniziamo a giocare senza proferire molte parole; gli do il cinque e gli insegno il saluto che mi fanno i miei piccoli a scuola, mentre un'immagine di Arafat ci osserva sulla testa alle nostre spalle. 


Lo lascio con gli altri bambini a scorazzare per le viette,  la scuola è chiusa, è estate.


Andiamo a vedere come fanno la knafeh, nel laboratorio più famoso della città dove sono stato ieri e li i ragazzi mi salutano chiamandomi per nome e lasciando per un attimo il lavoro per un abbraccio o una stretta di mano con la stessa portato poi sul cuore... brividi... sembro la star del souk. 
 Ohud, nel frattempo che spiego a Stefania e Luisa come avviene la preparazione del dolce più famoso della Palestina, prende un tavolo e un pezzo di torta al formaggio per ognuno... annamo bene... oggi ho la faccia di knafeh! 
Ma non finisce qui, dopo la moschea, dove entro e faccio domande a un tizio che ha appena smesso di riposarsi e aspetta la preghiera delle 16.23, andiamo a bere da Hammuz Qahwa coffee Bar   in Al Ftimiye, in pratica non molto lontano dall'ostello che mi ospita. Quindi io lascio loro e vado a prendere il mio bagaglio e raggiungo la truppa che mi porterà in serata a Jerico, la città dei primi miracoli di Gesù. 




Arrivato al bar, che già avevo conosciuto in mattinata passandoci davanti, mi siedo e con la calma mediorientale prendo anche io un tea alla menta e mi godo il momento grondante di sudore.

Saluto Ohud con la promessa di rivederci fra qualche giorno e salgo nella macchina che mi porterà ai confini con la Giordania sotto il livello del mare. 

La macchina di Mohammed ha targa israeliana, ora capisco perchè mi dicevano che non aveva molto problemi a girare su e giu per i check point. 
Usciamo dalla città e il sig. Salami cerca la strada alternativa a quella dell'andata ora chiusa, Israele apre e chiude a suo comodo. 
Imbocchiamo una strada tortuosa e polverosa con poco asfalto ma molto affascinante. Per strada molti gli insediamenti di beduini, gli stessi che i sionisti sgomberano a loro piacimento. 





Ad un certo punto un check point, preparo il passaporto ma non ne ho bisogno, il passaggio è libero; dalla torretta di guardi ci mirano con un binocolo, e guardare cosa avviene a check aperto è incomprensibile, un corridoio chiuso di tornelli dove i palestinesi devono scendere dai mezzi e passarci a piedi dentro. La chiamano sicurezza...in casa altrui!!! 

Nel cammino incontriamo vari villaggi e gente a cavallo, anche una mandria di capre che blocca il passaggio. Aspettiamo godendoci questa calma imposta dagli animali. 
Ci fermiamo in un bazar sulla strada della Valle del Giordano, la stessa che porta ad Allenby bridge, perché Mohammed, che ha il pollice verde, deve prendere un disserbante o qualcosa del genere. Mentre il "bazarista" mi offre l'ennesimo caffè, le ragazze ne approfittano per scegliere una pianta da regalare al loro driver per l'ospitalità in casa sua; fatto sta che ne usciamo con un pino, quello di Mohammed è morto, e una piantina di incenso in regalo! 


Arriviamo a Gerico costeggiando il confine, i nostri occhi possono vedere il primo villaggio giordano; mentre entriamo mi spiegano dove e cosa vedere in questa famosa città biblica, mentre il vento caldo non aiuta la mia respirazione. 

Mohammed mi porta in un ostello di un suo amico, mi dice di guardare e chiedere il prezzo, se non mi piace mi porterà da un'altra parte finché non troverò quello che fa al caso mio. Ma per fortuna sua e di Luisa, che parla poco ma quando lo fa è incisiva, a me questo va proprio bene. Dietro a un cancello si apre davanti ai miei occhi un giardino con palme e alberi da frutto, un viottolo porta a una casa su die livelli con un patio con tavolini, poltroncine e dondolo; dentro un condizionatore rende l'aria fresca e respirabile, il giovane proprietario disponibilissimo, vuole offrirci qualcosa e mi fa vedere la struttura; opto per una camera condivisa mista, 80NIS compresa colazione e lavanderia!!! 
Ho anche accesso a bevande... e tra le bevande mi apre un frigo pieno di birre... i love it! 

Ci resto, un po' per la stanchezza, un po' perchè non voglio approfittare ancora molto della disponibilità dei miei tre nuovi amici e anche perchè è davvero un posto figo gestito da giovani, molto pulito e soprattutto ha la lavatrice nuova! 
L'ostello a Nablus di Amjad non può neanche pensare di competere. Le lenuzola e gli asciugamani, che qui esistono, profumano di pulito!!! 

Prendo il mio zaino e saluto i miei compagni di viaggio, con le connazionali si ride si scherza e ci promettiamo di rivederci a Roma, con il driver palestinese restiamo che se dovessi avere bisogno posso chiamarlo, ma che comunque sono in buone mani qui...un contatto in più. 

Butto un bel po' di bucato in lavatrice (yeah!), mi fiondo in doccia, ricarico il telefono e mangiando i miei fichi, acquistati al mercato di Nablus, e sorseggiando una buona birra Taybeh (rigorosamente Palestinese) sul dondolo mi rilasso e godo il suono dei grilli e il calar della notte mediorientale.



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