Il Segreto del Sahara

~ V giorno ~

Abbiamo appuntamento con il gruppo, altrimenti avremmo riposato al fresco della camera per qualche altra ora.
Il letto è stato comodo, nonostante in camera girasse qualche mosquito di troppo. Il soffitto fatto di canne di bambù scricchiola.

Fuori il sole già è cocente e sono appena le 7 del mattino.
La colazione che ci aspetta nella sala balconata è ricca di marmellate. Un gattino fa capolinea cercando di ottenere qualcosa.

Per non sentire l'autista simpatico siamo stra puntuali, peccato ci tocchi aspettare per più di mezz'ora, fermi in una pompa di benzina, l'arrivo di una coppia di canadesi che sopraggiunge con tutta calma, entrambi freschi e tesi. 
E soprattutto, con Peppino muto che li accoglie sorridente. 
Quest'uomo è un cretino!

Per fortuna ci siamo goduti la vista sorseggiando il nostro caffè. 

Raggiungiamo le Gole del Todra, con noi oggi c'è Abdoul, una nuova guida, più simpatica e accondiscendente di quella di ieri.

Ci racconta della leggenda di queso luogo, dove un padre cercò di passare tra le grandi rocce,dove nessun uomo forte era riuscito. Ci provó portando con sé la minuta figlia, di nome Toda. Credendo di averla persa, il padre si fece aiutare da altri forti uomini a cercarla e anche per via dell'eco che risuonava, coloro a cui chiedeva notizie della fanciulla, capirono Todra.
Alla fine la ragazza la trovarono al villaggio...era di fatto riuscita a passare senza problemi aprendosi la strada tra le rocce. Divenne di fatto la prima persona ad aver attraversato la gola, ma soprattutto la prima donna. Ed ecco perché le famose gole, amate dagli arrampicatori di tutto il mondo, prendono il suo nome.
Si tratta di un vero e proprio canyon, attorno a cui sorge, poco lontano, un'oasi che pare assai rigogliosa al confronto con il resto del panorama desertico.
L'acqua è fredda ed è un toccasana per le caviglie gonfie da giorni. Refrigerio!!! Che difrisku!!!

L'Oasi è quella di Tighir, cittadina dove ci sono le miniere di argento: le suppellettili in questo materiale infatti si sprecano. La tentazione di comprare qualcosa è forte, ma dobbiamo resistere per non intaccare le risorse che stanno esaurendosi.
Cediamo tuttavia all'henné e qui il plurale è per uniformità con il resto del testo, perché difatti lo utilizzerà solo la componente femminile della coppia.

Una polverina preziosa da diluire in acqua per tingere i capelli e donare loro riflessi cangianti.
Lo usano tutte le donne berbere, anche per decorare le mani e i piedi con ricami assai eleganti. 
Visitiamo l'oasi dove la povertà è tangibile. Non ci sono strade se non in terra battuta e le case sono estremamente umili. Bambini scalzi giocano sulla soglia di una di loro, le madri sono poco lontano a raccogliere verdura che cresce spontaneamente grazie all'acqua che arriva dalle gole del Todra.

Il Marocco è un paese pieno di contraddizioni: bello e povero, misterioso, quasi magico. Ma come tutti i luoghi afferibili al sud del mondo, ad avere la peggio sono sempre i più vulnerabili: donne e bambini. Le prime lavorano curve nei campi, i secondi fanno tanta tanta tenerezza e verrebbe voglia di prenderli in carico tutti, per offrire loro una vita di maggiore agio.
Una bimba in particolare ci saluta mandandoci baci continuando a seguirci con lo sguardo: è dolcissima.

Sulla via del ritorno, riusciamo a strappare una foto rubata a un gruppo di donne che lavano il cous cous nelle acqua del fiume prima di cucinarlo. Altre si affaccendano con il bucato, alcune badano a bimbi molto piccoli. 
La povertà non intacca la fierezza di queste genti, che non vuole essere fotografata ed esposta come un fenomeno da baraccone. Il desiderio di avere con noi per sempre questa immagine, tuttavia, ha la meglio e scattiamo di nascosto, a ricordo di uno stile di vita faticoso ma forse più autentico e meno schizofrenico del nostro. 

La guida ci porta anche a vedere una cooperativa dove si fabbricano tappeti molto belli. Ci colpiscono un paio: uno di pelo di cammello baby, morbidissimo, uno fatto di seta derivata dalla pianta dell'aloe. Ma non compriamo nulla, vedi sopra. 

Il pranzo è ristoratore per davvero: riposiamo le gambe e ne approfittiamo per usare il WiFi, che pare quello dei sumeri per quanto è lento.

Con noi, nel resto del gruppo, due ragazze uruguyane con cui scambiamo più di una parola. Saranno le uniche a proseguire con noi verso il deserto. Il gruppo oggi è più compatto. Ci sono anche due ragazze peruviane, particolarmente simpatiche ed eleganti. Una delle due, per le dimensioni mignon, suggerisce una battuta a Fab che ci fa ridere per tutto il giorno: starebbe bene sul comodino, accanto all' abajour!!! 
O, ancora, per baciarla puoi tenerla sull'avambraccio come si fa con le scimmiette o i pappagalli. 

Fa un caldo disumano mentre nel primo pomeriggio ci avviciniamo sempre più a Erfoud e all'Erg Chebbi... il deserto. 

Finalmente la grande duna di Merzouga. 
Ci arriviamo dopo le derapata delle mille curve... altro che mille kasbah. 
Ci attendono due dromedari, ma la nostra vescica è piena... Stracolma. Non sopporterebbe sollecitazioni ondulatorie. Perciò il capo cammelliere, con il suo instancabile "no problema", ci conduce in un hotel per usare il bagno. 
Ci liberiamo e Reflex alla mano saliamo sull'animale.

Il deserto è qualcosa di unico, indescrivibile.
Un'emozione meravigliosa, un piccolo sogno che si avvera, per chi da anni spera di trovarsi qui, a sentire il vento caldo scompigliare i capelli, i piedi cercare refrigerio dalla sabbia che scotta.
Salire su un cammello può rivelarsi un'esperienza divertente ma alquanto complicata!
Solleva infatti prima il deretano, parlando con creanza!, poi la parte anteriore. 
E chi è sopra, si ritrova di botto a più di due metri di altezza, in equilibrio mentre lui si muove ancheggiando.
Un giovane berbero ci accompagna lungo una camminata di un'ora, tra dune alte e scosesce e altre più recenti, formatesi con il soffio del vento.

È difficile spiegare che sensazioni si vivono: tutto attorno c'è il nulla, un mare di sabbia rossa, sabbia e ancora sabbia.
Il sole picchia forte, la pashmina volta a  copricapo berbero, che copre anche bocca e collo, è una necessità più che un vezzo.
I cammelli sculettano lentamente, lasciandoci il tempo di scattare tante foto. Ma anche la guida si offre di farcene un paio e ci fa mettere in posa.

I lettori più vecchietti o diversamente giovani ricorderanno una mini fiction andata in onda su Rai 1 nel 1988 o 1989: il segreto del Sahara. All'epoca colpì la fantasia da bambini di entrambi e la suggestiva colonna sonora firmata da Ennio Morricone, contribuì ad aumentare lo stupore puerile. 
Essere finalmente lì è un po' come tornare bambini e rivivere quelle emozioni.

Con noi lungo la cammellata le ragazze dell'Uruguay. Una delle due in particolare, Laura, è più chiacchierona e appariscente. Fin da ieri ha fatto amicizia con un giovane inglese che era a bordo del bus di checco-peppino. In realtà, è lui che le sbava dietro... e come dargli torto?
Lei un poco ci sta, un po' civetta, un po' si nega. Ma l'intraprendente sassone rimane con un palmo di naso quando le due e noi ci fermiamo per la cammellata di un'ora e loro con il simpatico Peppino alla guida, proseguono. 
Lui, poveretto, forse già pregustava notti di follia nel deserto, ma rimane con un palmo di naso.
Quando, dopo la passeggiata nel deserto, torniamo al campo da cui siamo partiti per prendere possesso della tenda, Laura con aria stralunata spippolando sul cellulare, chiede come si chiama il suo fidanzato del bus! Ma come, lo hai già dimenticato? Scoppiamo a ridere.
Sono momenti di lieve convivialità, di cui però vogliamo lasciare memoria, perché ogni viaggio è costellato di volti, sorrisi, nomi, che non è giusto vadano perduti.

La tenda è un sogno, non a caso si chiama luxury.
Un grande letto, comodo e spazioso, occupa buona parte dello spazio, ma c'è comunque agio per due puff in stile marocchino, un comodino e un appendi abiti.

Il bagno, a cui si accede da una tenda di pesante velluto verde con tanto di fiocchetti, non ha nulla da invidiare a quello di un hotel elegante.
C'è tutto, compresi shampoo e sapone sotto forma di mini taglie.

Ci laviamo, la sabbia si è insinuata ovunque e andiamo a mangiare nella tenda ristorante.

Fa caldo, ma non come si immaginerebbe perché il sole è calato e inizia, seppure lieve, l'escursione termica.

I berberi del posto suonano per noi, musica tribale in un leggero spettacolo che seguiamo poco. 

Preferiamo prendere una coperta pesante creata all'occorrenza e sdraiarci a osservare il cielo: le stelle sono bellissime, luminose, infinite.
Un pezzettino di felicità.

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