"Il Riflesso dell'Ombra della Rivoluzione"

Il caldo a Cienfuegos é qualcosa di insopportabile, che a confronto l'Andalusia sembra Reykjavik.

Cerchiamo riparo nel café Paulina che affaccia sul parco José Martí. Nel bagno la signora non fa entrare se non cacci qualche pesos... che simpaticona.

É stata una mattinata di un lungo viaggio. Alle 8.30 un taxi collettivo é davanti alla nostra casina nel quartiere de los colchoneros (i materassifici), con dentro due amici francesi.


Partiamo per Avana dove faremo cambio auto.
Mael e Ruben, i nostri compagni di viaggio sono taciturni ma sorridenti, noi siamo ancora buoni e tranquilli.
Nessuno di noi quattro ha fatto colazione, fatta eccezione nostra per il caffè al volo di Magalis.

Passiamo dentro Pinar del Rio, che a differenza di Vinales presenta edifici a quattro piani in stile sovietico, squadrati, grigi, anonimi. Questa piccola Mosca ha in parte risolto il problema abitativo negli anni a discapito del fascino.




A L'Havana il cambio auto é in una zona senza nulla. Iniziamo ad essere insofferenti e quando saliamo su una fiammante Kia rossa, Fabrizio si siede avanti per spingere Manuel l'autista a fermarsi per farci mangiare qualcosa.
Nel frattempo Lucia nei sedili posteriori dialoga in inglese con Mael e Ruben.
Manuel durante il viaggio racconta molto di quello che é oggi Cuba per i cubani. É difficile arrivare alla fine del mese e dar da mangiare ai figli con regolarità, chi ha un lavoro se lo tiene stretto. Nonostante tutto, papà Fidel é intoccabile, il "Ché" é un dio e tutto ciò che é stato 60 anni fa é cosa buona e giusta, però oggi l'inflazione e il maledetto embargo hanno steso la popolazione.

Sono molto pochi i cubani che hanno viaggiato per il proprio Paese e ancora meno quelli che sono stati all'estero.
La Kia che lui guida non é sua, lui prende solo il 20% del guadagno il resto lo consegna alla moglie del proprietario dell'auto che vive in Florida.
Durante il viaggio si parla tanto e molto degli ultimi decenni, di come sono peggiorate le cose.


Manuelito si ferma e ci fa pranzare oltre metà strada al "Para Ti", ambiente tipico (ciò che da noi sarebbe rustico), gatti tra i tavoli, qualche colombo, tavolini e sedi in stile di color acquamarina. La soda cameriera sembra non vederci nonostante i nostri "hola", "perdona", "aooooó".
Riusciamo però ad ingurgitare una birra gelata, una frittata e un hamburger.


Il caffè finale é accompagnato da un pezzo di canna da zucchero che si usa come cucchiaino per girare e si succhia come facciamo con la liquirizia.



Riprendiamo la strada, l'autostrada nazionale, sazi e contenti. Nell'auto regna l'allegria, Fabrizio fa il cretino affibbiando detti e modi di dire potentini ai cubani che incontriamo, Ruben mentre parla con Lucia scoppia in risatine coperte dalla mano in stile Muttley il cane del cartone animato "la corsa più pazza del mondo". Sta cosa ci fa venire il mal di pancia dal ridere.


Cienfuegos ci accoglie con cartelli dell'unico partito del Paese, anche la propaganda é rimasta al 1959. 

Appaiono lungo la strada slogan di Fidel Castro o il viso del Ché, altri dove si inneggia alla Patria e alla scolarizzazione, fiore all'occhiello del primo decennio Socialista.




La città ci pare subito ordinata e squadrata, sembra disegnata da un geometra con la squadretta e il righello, segno lasciato dai francesi. Lo stile francese si mescola al mudejar.

Dopo aver lasciato i due compagni di viaggio al loro alloggio, Fabrizio fa il Cicerone (pure a Cuba) per il tassista per raggiungere la nostra casina particular, sei isolati dal centro città ma... ne é valsa davvero la pena!

Ci apre la porta Elias un omaccione in canottiera e ciabatte, che con un sorrisone ci invita ad entrare e bere qualcosa... fa tanto caldo e sono le 14.30!!!


La casa in stile coloniale ci piace fin dal primo istante, mobili d'epoca posizionati sotto arci e colonne a richiamare secoli passati, pareti con finte boisserie che spaziano dal verde timo all'acquamarina. Le 3 stanze si affacciano sotto un pergolato recintato in stile mudejar coperto dal sole. Qui c'è un grosso frigo da cui puoi servirti ogni cosa desideri e bella fredda. 


Mettiamo il naso fuori e sotto il caldo umido asfissiante raggiungiamo difficilmente il centro cittadino, passando per il paseo San Fernando all'altezza della statua di Benny Moré, colui che anche in vita fu considerato il miglior cantante cubano mai esistito.


Facciamo visita anche a una sede provinciale del partito. 



Ricorrono i 70 anni dall'attacco alla caserma Moncada quest'anno ed é tutta una festa. 


Dalla porta del bar vediamo tutta la piazza centrale di Cienfuegos, città tra le più vivaci del Paese caraibico permeata dalla cultura francese che potrebbe prendere benissimo il nome "cento fuochi" come da traduzione letterale, visto il caldo opprimente che c'è, in realtà deve il suo nome a Don José Cienfuegos, governatore di Cuba di fine XIX secolo. Questa città venne fondata nel 1819 da emigranti di Bordeaux e della Louisiana. Il suo porto prosperava grazie ai traffici di bestiame e zucchero.



Di fianco al Paulina c'è il Teatro Tomas Terry, aperto bel 1890, che presenta sul proscenio un bassorilievo raffigurante Dionisio; l'auditorium da 1000 persone circa é in stile italiano. Anche Caruso ai esibí qui!
Tutto intorno si trovano edifici in stile barocco come il Palacio de Ferrer, o con eleganti facciate neoclassiche nel caso del Colegio San Lorenzo.



Mentre giriamo per la piazza ci avvicinano dei bambini che ci chiedono ogni cosa, dalla caramella a una matita. Sono incuriositi dalla nostra Reflex e ci chiedono delle foto. Quando si rivedono nello scatto scoppiano a ridere, sono tanto felici. Continuano a chiederci una moneta. Rispondiamo che se vogliono qualcosa andiamo insieme a comprarne, soldi non gliene diamo. Accettano volentieri e in un attimo abbiamo uno stuolo di dieci ragazzini urlanti e festanti che ci circonda. Vada per un refrescos, una bibita a metà tra coca e sprite.


Ci dirigiamo al porticciolo e ci gustiamo un coloratissimo tramonto caraibico sul piccolo malencon dell'ordinata città coloniale.




I lampi ancora lontani ci fanno incamminare verso Prado, dove vediamo una palestra super rudimentale... secondo voi Fabrizio che ha fatto? 


No, non si é allenato. Non si é spinto a tanto. Ma se l'é girata tutta e ha parlato con un istruttore che a fine serata si stava allenando confrontando i metodi, nonché i mezzi, di allenamento adottati oltre oceano.


Diciamo che é una situazione molto Paleo, allenamenti con pesi anche di fortuna e senza la meticolosa precisione del carico esterno. Qui si spinge a sensazione, se il peso é basso si va con qualcosa di più alto senza misurarlo o pesarlo e poi l'alimentazione é obbligatoriamente quella che prevede l'avocado, il pollo ruspante, anche il maiale non previsto nelle diete che propinano in Italia a 100€ a botta, riso, fagioli, pesce,  crostacei e acqua. Unico sgarro il Ron.
Mettici la genetica dovuta a una mescolanza eccezionale in termini biologici, che porta questo ragazzo a mostrarci involontariamente i suoi addominali segnati che spingono sotto una canotta sudata. 
Fabrizio é invitato ad allenarsi con lui il giorno dopo. 

La fame ci spinge sulla terrazza di un bel ristorantino con musica dal vivo, come del resto il 97% qui a Cuba; alla Casa Prado Paladar mangiamo ancora aragosta, a stu prezz'!!!





e ci godiamo quel poco di refrigerio che arriva al tavolo e che ci viene dato dalle bevande naturali servite fredde... una continua botta di vitamine.


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