Papita y René


Grande notte di sonno nel silenzio di Vinales, la colazione abbonda di frutti esotici e forte caffè cubano. Una famiglia belga del vallone tedesco che viaggia con Viazul, autolinea cubana, con zaini e tre figli di 5, 8 e 10 anni, dimostra quello che Fabrizio sostiene da tempo e cioè che i bambini si adattano meglio degli adulti; Julianska la più piccola si é portata dietro anche Ciccio, il suo peluche di orso più grande di un chiwawa. 

Il portico dell'hotel centrale nella piazza principale offre comode sedie a dondolo e soprattutto l'ombra, mentre da alcune casse esce l'immancabile musica cubana.

La nostra Ileana arriva preceduta da Manuel per portarci con altri viaggiatori provenienti da tutto il mondo, nella famosa valle di Vinales, la valle del tabacco, del miele e del caffè. Un bel gruppo: una coppia di francesi, una di spagnoli, una famiglia messicana, c'è pure una ragazza americana, che è riuscita a venire a cuba con un visto per portare aiuti alla popolazione, perché per turismo le sarebbe stato vietato. 

Una birra fredda ha aiutato l'attesa, mentre un via vai di gente occupava la strada davanti ai nostri occhi.

Ileana, professoressa di legge ci viene incontro sorridendo e abbracciandoci. In realtà, è un avvocato, ma non esercita più la professione e quando l'università è chiusa, arrotonda facendo la guida turistica. Come docente universitaria prende mensilmente una cifra che è il corrispettivo di 25/30 dollari. 


Ci inoltriamo subito in una strada sterrata con la terra di un forte color rosso tra i mogotes, colline di calcare, marmo e dolomite con una forma arrotondata, create dalla lenta erosione e sotto nascondono grotte scavate dall'acqua.

Tutt'intorno la vegetazione è di un verde pieno, ricco, ci sono piante mai viste prima, con foglie grandi e robuste. I banani sono una costante esattamente come le palme.  Molti i campi coltivati a mais, alcune baracche e tanti carretti. 

Sul mogotes più in vista, c'è un murales gigantesco voluto fortemente da Fidel e commissionato all'artista cubano Leovigildo Gonzalez Morillo allievo del noto pittore messicano Diego Rivera, compagno (fedifrago!) della più famosa Frida Khalo.

Il murales racconta tramite colori sgargianti l'evoluzione biologica di questa zona, la Sierra de los Organos. É dipinto sul fianco del Mogote Dos Hermanas, una collina di pietra calcarea.

Camminando nella valle si vede il mais messo a essiccare su teli adagiati al suolo, una tecnica vista anni fa in un paesino in Portogallo.

Nella fattoria di Miguelis un campesinos di 85 anni a cui Fidel dopo la rivoluzione ha dato 95 ettari di terra nella valle, a lui come ad altri e per questo é ancora oggi molto ben visto.

Qui l'elettricità Fidel non volle portarla per non far perdere l'autenticità del luogo pertanto i contadini si sono ingegnati, finché la zona non é diventata patrimonio mondiale e l'UNESCO ha donato loro pannelli solari. Miguelis coltiva insieme frijoles e mais in modo che si aiutano a vicenda preparando, inoltre il terreno per l inverno cubano, periodo in cui si pianta il tabacco. Questa tecnica é usata da tutti i campesinos della valle, che sfruttano pienamente la rossa terra fertile.

Inoltre piantano mandorli qui e là, per far sí che i contadini possano riposare alla loro ombra e lasciano appesi al tronco acqua o vitamina R 🤣 il Ron.

Le palme le usano per molti scopi: il frutto per cibare i maialini cosi la carne sarà più dolce e il legno più in alto per fare i contenitori per tenere fresco il tabacco. 

Ci ritroviamo nella comunidad acquaticos (la comunità degli acquatici),  religione per cui l'acqua é una dea, é un'acqua magica, miracolosa. Bere un bicchiere dell'acqua di questa zona sarebbe curativo.



Conosciamo Janelis e sua nonna Eudocia di 90 anni, soprannominata Cocuio, lucciola.  Fanno parte delle ultime 8 persone che seguono questa religione. 

Qui assaggiamo una pina colada col miele al posto dello zucchero e ovviamente l'acqua magica: molto molto buona. 

Come nasce la comunità degli acquatici?

Si ammala figlio di una signora che visitava molti dottori senza trovare soluzione. Un giorno la donna affermò che la Vergine Maria le disse di usare quell'acqua, rivelatasi miracolosa, per lavare il piccolo. Il bimbo guarì. La donna venne denunciata per stregoneria e rinchiusa in un manicomio perché i medici rimasero senza pazienti, senza soldi e quindi senza clienti: tutti si recavano a questa fonte miracolosa che formava una palude sul mogote.



Dopo la Pina colada, è il momento di salire a cavallo e inerpicarci tra i campi. Quello di Fabrizio, Loco, è marrone. Lucia, invece, sale in groppa a Mojto, bianco pezzato. Che a un certo punto decide di andare al trotto con grave sconvolgimento della fantina che getta un paio di urli nelle risate generali. Andiamo a visitare la baracca dove il Francese, soprannome per il contadino che lavora qui, stende ad essiccare le foglie di tabacco. È una baracca completamente ricoperta di foglie di palma, con assi completamente ricoperte dalle foglie di tabacco. Un colpo d'occhio notevole. L'odore è forte ma non cattivo.  




In una baracca poco distante, più piccola e sgombra, il francese crea dei sigari davanti ai nostri occhi e poi ce li regala (in realtà l'esperienza di tutto il giorno è ben pagata, vedrai se non esce pure un sigaro come souvenir!)


Risaliamo a cavallo per raggiungere la fattoria di Papita e René dove ci aspetta un pranzo eccezionale a base di prelibatezze locali. Ma un violento acquazzone ci sorprende per strada. L'acqua cade prima leggera, poi fitta e con goccioloni sempre più grandi. In poco tempo siamo completamente inzuppati, ma i cavalli non sembrano averne noia.




E tutto è incredibilmente più suggestivo con la pioggia: la terra rossa e grassa, il fogliame su cui cadono le gocce, provocando una dolce melodia, che si alterna al rumore degli zoccoli. Con noi anche uno scricciolo di cane, appartenente alla nota razza CR'SCIUOL' che segue la carovana scansando la pioggia e il fango.

Zia Papita ci fa asciugare e ci offre un ricco pranzo: tra le altre cose assaggiamo anche la ropa vieja, un pasticcio a base di carne e verdure davvero delizioso. L'ingordigia tuttavia è una brutta cosa e gioca un brutto tiro a Lucia che fa un doppio bis e la sera brama una potente coca cola per favorire la digestione! 



Il tempo migliora rapidamente e andiamo a vedere la cueva de Tio René, il marito di Papita, un cubano alto e magro, spalle forti dentro la camicia, un baffetto curato su un viso con la pelle ambrata, immancabile sigaro e sombrero. L'opposto della moglie, bassina e di carnagione più chiara, occhialoni e un sorriso che si alterna alle frasi che ripete spesso, "mi vida" e "mi amor". 

Papita é la regina indiscussa del caffè in zona, ci mostra con orgoglio le sue piante e il processo di torrefazione molto artigianale; non manca una tazzina fumante del suo caffè e qualche chicco da portare a casa.





È arrivato il momento dei saluti: Pepita e René hanno un regalo solo per noi che a fine pranzo siamo rimasti estasiati dal mango, più buono del solito e dalla confettura di mango, fatta in casa. Chiediamo di poterne comprare, ma Papita ci  regala una bottiglia di vetro con il prezioso nettare. René ci dona due mango non troppo maturi così che possano arrivare in Italia. 


Li salutiamo sinceramente colpiti da questa gentilezza che nasce sincera, scambiano i numeri di cellulari e promettiamo di inviare la foto fatta come ricordo.


Rientriamo in tempo per una doccia rigenerante e scegliamo dove rilassarci bevendo qualcosa.



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