Abusi di frontiera 1^ Parte

20 Luglio 2018

Sveglia molto presto, alle 6.00... nemmeno dovessi andare a funghi. 
Oggi é venerdì bisogna anticipare il più possibile, perché ha inizio lo Shabbat, la festa del riposo. 
La celebrazione è ogni sabato, l'ebraismo gli riconosce lo status di gioiosa festività. La halakhah, cioè la tradizione "normativa" religiosa dell'Ebraismo, riconosce lo Shabbat come la festività più importante del calendario ebraico per svariati motivi, tra questi:
  • é la prima festività menzionata nella Bibbia e Dio è stato il primo ad osservarla.
  • La pena biblica per la violazione dello Shabbat è più grave di quella che deriva dalla violazione di una qualsiasi altra festività.
L'inizio dello Shabbat é nel primo pomeriggio del Venerdí e termina il Sabato al tramonto, in questo lasso di tempo gli Ebrei non lavorano, nonostante non ci sia nessun riferimento a quello che viene normalmente considerato lavoro. Sono 39 le attività che il Talmud vieta di svolgere, durante lo Shabbat, agli Ebrei.

Per quel che mi riguarda, gli Ebrei, in queste ventiquattro ore non possono usare macchine e macchinari, ergo gli autobus non circolano. 
Ecco perché la mia intenzione è di arrivare alla frontiera alla sua apertura, ore 8.00 del mattino (dal Lunedì al Giovedì apre alle 6.00, Venerdì e Sabato apre alle 8.00), in modo che seppur mi intrattengono qualche minuto in più riuscirò a raggiungere la stazione centrale dei bus a Eilat, la vicinissima cittá quella che chiamano la gemella di Aqaba, e da li in pullman arrivare a Gerusalemme dove passare le ultime 24 ore. 

Rodrigo si sveglia e vuole accompagnarmi a tutti i costi nella hall dell'Hotel Intercontinental, mi saluta e ci promettiamo di sentirci e soprattutto rivederci, "sapevo che con te sarebbe andato tutto bene e mi sarei divertito" mi ripete, aspettami a Londra amico. 




Esco dall'hotel e mi viene incontro un tassista, la strada è vuota e desolata, "vado alla frontiera" - 15 JD risponde (17€ circa per 4 km) - "no amico, ho solo 5 JD va bene?", rispondo tirando fuori solo una banconota da 5 preparata in precedenza, gli va bene e si parte. 
Pochi minuti e siamo davanti alla frontiera, lascio l'auto e mi incammino pochi metri verso il valico di frontiera insieme a una giovane mamma russa con carrozzino.

L'uscita dal Regno di Giordania è più complicato per la russa che per me, io in 2 minuti e con tante gentilezze sono fuori. 
Mi fermo ad un bazaar prima di affrontare la terra di mezzo, la terra che non appartiene a nessuno Stato sovrano. 
Un tea, qualche merendina al cioccolato, una bottiglia di acqua, devo consumare gli ultimi Dinari Giordani, che sia in Israele che in Italia non mi serviranno più. 
I commercianti sono gentili ma si deve trattare...non cedono sui prezzi e io nemmeno... la giovane russa è scomparsa... mi preparo psicologicamente, ho un po' di ansia e di solito non è cosa buona. 
Entro nel piccolo "change money" e chiedo se mi cambia le ultime monetine giordane, risposta positiva e mi ritrovo con 10 shekel israeliani. Ottimo! Nel cambio ci ho anche leggermente guadagnato. 

Ok...dai...ore 8.23...ciao Giordania!







Una grossa insegna recita "Goodbye" con foto dei reali sorridenti. 
Il caldo è già pazzesco, sono nel bel mezzo di zona desertica, nella penisola del Sinai, a pochi metri dal Golfo di Aqaba, Mar Rosso. In pochissimi chilometri ci sono le frontiere di quattro Stati, Egitto, Israele, Giordania e Arabia Saudita.
Il valico di frontiera tra i due Stati più a sud, il terzo dopo Sheikh Hussein dove entrai il giorno 11 Luglio e il famoso Allenby bridge che passa direttamente nei territori Palestinesi, dove serve anticipatamente il visto giordano. 



Una guardia armata non smette di guardarmi mentre in piena terra di nessuno io controllo le monete rimaste e mi volto a salutare con uno sguardo il regno giordano. 
La stessa guardia, con fare arrogante, mi urla di passare da destra. 
Saluto con sorriso. 

Entro in uno stanzone dove passerò sotto il metal detector, sono sereno. Mi chiedono il mio passaporto, infilo lo zaino nella macchina e passo io stesso sotto il controllo. 

Con il mio documento, tra le mani con unghie colorate di giallo, mi si avvicina una giovanissima poliziotta vestita con divisa su una variante di blu, capelli castano scuro avvolti in una lunga coda di cavallo, occhiali, corpo mingherlino, piccolina, sembrerebbe dolce e delicata. Invece? Una stronza... ma della peggior specie. 

Sfogliando il documento marrone, che spesso alla sola vista è come un pass che non ha bisogno di essere aperto, si sofferma su svariati timbri che attestano i miei viaggi in Marocco. 
Prima domanda, all'apparenza garbata ma con fare inquisitorio tra le smorfie, "perché sei andato tante volte in Marocco?" - "work" rispondo. Insiste chiedendomi i perché e i per come del mio viaggio in Giordania e quali sono i miei programmi una volta entrato in Israele. Non capisco bene le sue domande in inglese, nota la mia difficoltà e il mio chiederle di parlare più piano "slowly" e lei mi domanda se parlo lo spagnolo, alla mia risposta affermativa chiama un interprete. 
Rafael, corpulento agente in camicia bianca, arriva in un baleno. "Bene" - penso - "sarà tutto più facile e veloce". 
Spiego che passo la frontiera solo per prendere l'aereo meno di 48 ore dopo. 
Mi chiede se sono già stato in Israele e rispondendo di si spiegando che ho prima visitato Israele e poi sono andato in Giordania.
Agente blu: "perché l'aereo non lo prendi dalla Giordania?"
Io: "perché era più economico fare andata e ritorno sullo stesso aeroporto."
Non contenta inizia con tono sempre più inquisitorio a farmi una serie di domande, che Rafael tradurrà. 
Cosa ho fatto in Israele, quanti giorni ci sono stato, dove sono stato e cosa ho visto, perché, dove ho alloggiato, dove e cosa ho mangiato, quanta gente ho conosciuto....
Allo stesso modo mi chiede della Giordania, da dove sono entrato, perché, cosa ho visto, cosa ho fatto, dove ho alloggiato, quanti giorni sono stato nel Paese, perché rientro da sud......
Tra queste domande iniziano a complicarsi le cose. 
Agente blu: "elencami per filo e per segno cosa hai fatto in Israele e perché ci sei venuto", adduco motivi religiosi e per sommi capi dico "Tel Aviv, Gerusalemme, Gerico, Betlemme e Nablus"... su Nablus iniziano i veri e propri problemi. 
Perché Nablus? 
Il suo viso diventa incazzoso e il suo fare molto arrogante. 
Spiego che i Romani le misero il nome di Napoli e che ci si trova un anfiteatro romano ergo storia dell'Impero Romano e poi perché è una città famosa nel mondo per il suo sapone e i suoi dolci. 
Non la convinco per niente, tanto che diventa sempre più dura. 
Vuole sapere dove ho alloggiato ogni notte, quanti giorni mi sono fermato in ogni città e cosa ho fatto nel dettaglio della giornata, il cazzeggiare non è ammesso come risposta. 
Mi chiede nuovamente del Marocco e del perché ho vari timbri sul passaporto, alla risposta "lavoro" mi chiede che lavoro. Spiego che facevo l'accompagnatore turistico e agente di viaggi e per tale motivo portavo per turismo gruppi di persone. 
Poi accusandomi contesta il fato che inizialmente le dissi di essere un insegnante, eccomi quindi a spiegarle che ho cambiato lavoro in poche parole. Sembra le venga difficile capire che esiste chi cambia lavoro nella sua vita. 
"Quali posti hai visitato del Marocco", insiste. 
Di nuovo su Nablus, domande, le stesse. 

La giovane agente per tutto il tempo passa da un argomento all'altro ripetendo sempre le stesse domande. Lo stress psicologico che ti crea é impressionante. A Potenza si direbbe "ma si ciuot? Non capisci?". 
Ripetendo le mie visite in terra Palestinese, vuole sapere perché ogni sera non tornavo a dormire a Gerusalemme invece di restare nelle città della Palestina a pernottare. Spiego con calma che era per comodità. Al che mi questiona sul fatto che in Giordania invece rientrai ad Amman dopo le visite di Jerash e Madaba. Anche qui mi dilungo nel tentare di farle capire che in Giordania non esiste modo di bypassare la Capitale, mentre nel west bank si. 
Agente blu: "da dove sei passato per andare ad attraversare il confine?" 
Io: "passando per Jenin ho attraversato il check point israeliano e da li con i mezzi sono arrivato a Beit She'an e di lì, ancora, un piccolo bus mi ha portato vicino a due kibbutz di cui non ricordo il nome, pochi minuti a piedi ed ero alla frontiera". 
Agente blu: "perché sei andato fino a nord per passare e non sei passato da Gerico?"
Io: "da Gerico, la frontiera di Allenby bridge non potevo oltrepassarla in quanto ero sprovvisto di Visa della Giordania da chiedere antecedentemente in Ambasciata, di contro a nord non avevo problemi"
Agente blu: "come si chiama il passaggio di frontiera?"
Io: "Sheikh Hussein" sicurissimo, l'ho più volte scritto anche sul blog
Agente blu: "No bello! Sheikh Hussein è Allenby bridge" e qui diventa sicura di avermi preso in castagna... conoscevo un'altro essere di sesso femminile che ha usato lo stesso identico atteggiamento, e alla stessa maniera ho pensato quanto fosse pericolosa l'ignoranza. 
Io insisto sicuro che fosse lei nel torto, tanto che le inizio a fare lezione di storia e geografia del Paese che occupa con la violenza da 70 anni. 
Messa per la prima di tante volte di fronte alla sua ignoranza, aumenta il suo fare altezzoso e presuntuoso. 

La situazione si fa sempre più calda e pesante, la tipa va e viene chiamando anche un agente vestito di marrone, intanto passano molti turisti senza problemi e accedono nel Paese, volgendo a me sguardi di pena o di disprezzo. 
Per lo più sono americani... eh vabbè!

Io li, in una stanza col metal detector e tre sedie, a spiegare l'inspiegabile. 
L'agente blu con la coda di cavallo e le mani gialle ritorna e guardandomi dalla testa ai piedi con un'espressione di superiorità riprende l'inquisizione. 
Vuole le rispieghi tutto dal principio. 
Riprendo. 
Dico quali città ho visitato, mostro il biglietto aereo di ritorno a Roma, do i nomi e le date precise degli ostelli in cui ho alloggiato e cosa ho visto e/o visitato. Non è ammesso affatto nemmeno un "non ricordo", eppure sarebbe comprensibile visto che giro da un mese scarso. 

Quando dico di essere stato all'Erodion, la tomba di Erode il grande, lei afferma che questo sito non esiste in Israele e che non conosce Erode, a nulla serve il biglietto d'ingresso israeliano. Ancora lezione di storia su Erode che ha in regalo siti e città da Cleopatra che a sua volta ricevette da Marco Antonio. 

Su Betlemme altri intoppi. Perché Betlemme. Risposta scontata per un Cristiano Cattolico osservante, c'è la chiesa della Natività con la grotta dove nacque Gesù, ci sono i Francescani Italiani. Insomma è un luogo culto per la Cristianità. 
A lei non va giù che io sia rimasto due giorni per vedere solo la Natività. 
Le spiego che sono arrivato da Gerico con due tedeschi e un'altra italiana che studiano ad Haifa, loro hanno visitato e sono andati sulla costa, io mi sono rilassato dai francescani e il mattino seguente, domenica, ho assistito anche alla messa. 
Lei non è affatto d'accordo. "Perchè non hai visitato il giorno prima con i tedeschi e poi non sei andato ad Haifa?". 
S'incazza letteralmente quando rispondo che Haifa non mi interessa e che volevo visitare la chiesa di Domenica, il mio giorno settimanale sacro, "io sono Cattolico" ripeto. 
E poi i tedeschi non mi hanno invitato, non sono miei amici abbiamo solo condiviso un taxi. 

Insiste che non gliela conto giusta. 
Mi chiede se mi sono recato al muro famoso. 
Dico di si. 
Agente blu: "perchè sei andato?"
Io: "curiosità, nel mio Paese non esistono divisioni del genere"
Agente blu: "mmmm, e cosa hai visto?"
Io: "il cemento, le torrette di avvistamento, cosa c'è di bello da vedere?"
Agente blu: "per caso hai visto i graffiti?"
Che domande! 
Io: "certo, il muro ne è pieno"
Agente blu: "per caso sei andato a vedere i graffiti di Banksy?"
Banksy il famoso writer inglese considerato uno dei maggiori esponenti della street art. Le sue opere sono spesso a sfondo satirico e riguardano argomenti come la politica, la cultura e l'etica.

Io: "certo, in Europa l'artista è famoso" (qui lei esprime dissenso)
Adesso la giovane agente ha fare decisamente irritato e inquisitorio, mi chiede a più riprese quali graffiti ho visto e cosa ho provato!!!

Cerco di tenere la calma di fronte e queste domande, per me, stupide.
Rispondo che è talmente pieno di graffiti che non riuscivo a capire. 
Mi travesto da idiota di fronte ad un'imbecille. 
Lei però insiste. 
Dico che sono un pacifista e mi hanno colpito quelli che inneggiano alla pace e alla fratellanza. 
Al che lei vuole che io descriva i disegni di pace che mi sono piaciuti. Ormai ho ben capito che siamo alla follia pura, che sono entrato in un imbuto dal quale non ne uscirò presto. 
Spiego le due colombe, o i due ragazzini uno ebreo l'altro mussulmano che si danno la mano e cosi via, ma a lei non basta, insiste. Vuole arrivare ai graffiti di Trump e Netanyahu, lo capisco e riesco per tutta la mattinata ad evitare di nominare questi due esseri spregevoli. 
Non raggiunge lo scopo e allora mi attacca sui graffiti di Banksy, quali ho visto e perché! 
Ne elenco un paio, i più famosi. Lei alza il tono nel chiedermi cosa ho provato, quali siano state le mie sensazioni. 
Mantengo la calma mentre dentro di me, credetemi, vorrei sferrarle un pugno su quel grugno arrogante, presuntuoso e maleducato. (Perché so pacifista!!!)
Riesco nel mio intento.

A questo punto lei mi chiede se ho il telefono cellulare e se ho le foto del muro. 
Non posso esimermi dal confermare. 
Agente blu, adesso calma e gentile: "ti va di mostrarmele?"
Io: "e che problema c'è?"
Apro il mio telefono, scorro le foto, e parto da alcune del muro. Da li in avanti nulla di compromettente, credo. 
Lei guarda, scorre, continua senza sosta e senza rispetto della privacy. Qui, in questo angolo di mondo non esiste rispetto e non esiste privacy. 
Non trova foto che riprendono graffiti indigesti a lei. 
Mi riconsegna il telefono. 

Riprende su Nablus e mi richiede che città ho visitato. Elenco di nuovo tutto e lei ad un certo punto scoppia e urlando ritiene che io abbia saltato Nazareth nel mio elenco. 
Le dico che non ci sono andato e quindi non l'ho nominata come città. 
Lei sicura alza la voce e dice "prima hai detto ce ci sei andato, tu menti, cosa nascondi?"
Io: "ho detto luoghi della Cristianità ma mai ho nominato Nazareth"
Agente blu: "non è vero" e riprende il mio telefono mentre chiama altri agenti. Non so più quanti ne sono in camicia bianca, in più ho questo energumeno in divisa marrone e braccia incrociate al mio lato che mi fissa come se da un momento all'altro dovesse picchiarmi. 
Io ho un forte mal di stomaco, dovuto al caldo del deserto e alla cena ricca di spezie, al mio risveglio andai al bagno liquido e adesso inizio a stare male. Ma di bagno, di acqua o altro non se ne parla. 
Mentre l'agente blu spulcia il mio telefono alla ricerca di non so cosa, gli altri controllano se la mia roba ha tracce di esplosivi o ne sia venuta a contatto. 
Iniziano ad aprire. 

Qui la situazione si fa brutta e pesante. I miei ricordi sono molto confusi. Sono già passate svariate ore ma non so quante. 
La giovane con unghia gialle trova una foto fatta in un check-point, dove riprendo un militare armato che punta il fucile dall'alto di un camminamento ai palestinesi. 
Mi chiede cosa sia, rispondo che è curiosità e che dovrebbe dirmi lei cos'è. 
Rafael il mio interprete mi chiede se indosso un'altra maglietta sotto a quella nera a maniche lunghe, rispondo di si e mi invita a togliere  la maglia nera. Nel farlo si alzano entrambe giusto il tempo e lo spazio sufficiente perché Rafael intraveda un tattoo al costato scritto in arabo. 
Gli sguardi di ognuno degli agenti si incrociano con il suo, si intendono. Rafael tiene la calma e mi invita dietro una tenda. Io ho capito il problema e prima che me lo chieda sfilo anche la seconda maglietta e dico di aver visto la sua faccia quando ha notato il tattoo. Lui mi dice di stare sereno, nessun problema. 
Sti cazzi! 
La tensione si taglia con una lama. 
Gli occhi di ogni poliziotto sono come laser su di me. 
La stronza sorride soddisfatta, sul suo viso si legge la frase "ti ho beccato". 

A questo punto Rafael mi chiede di sfilare anche i pantaloni, mentre ogni indumento è passato al setaccio. 
Se avessi anche solo un pidocchio non sfuggirebbe a loro. 
A questo punto sono nudo, solo coperto dallo slip nero, i miei tattoo sono tutti alla mercè non solo di Rafael, ma anche dell'energumeno e di un altro agente in divisa marrone. Capirò dopo che il colore delle divise conferisce il ruolo, ecco i marroni sono addetti all'arresto! 
Appost'!!! 

Sulla mia coscia una lunga scritta che confondono per arabo. 
Mi tirano fuori dalla zona coperta dalla tenda senza pensare che io sia nudo e che passano altri turisti. 
Alla stronza e ad un'altra donna in borghese chiamata per l'occasione mostrano i miei tattoo. 

La donna in borghese viene chiamata solo in casi seriamente gravi, è agente dei servizi segreti, del temuto Mossud. 
Tutta sta mobilitazione per uno sfigato che gira il mondo e si tatua? 
Per uno che ha simpatie per gli oppressi e nessun rispetto per gli oppressori? 

Intanto ho ancora una garza/cerotto che copre il tatuaggio più "pericoloso", handala. 

Mi chiedono cosa ci sia scritto sul costato, inizio a perdere le staffe e comunque ormai ho capito che non esco più, quindi tanto vale essere più che sinceri...e anche un po' stufi e spigolosi. 
"Sapete bene cosa c'è scritto", "questo è il nome del Dio dei mussulmani" mi ripetono quasi in coro. Di contro rispondo che Dio é unico per tutte le confessioni religiose, si alterano dicendo che il loro Dio non è quello dei musulmani. 
Continuano, avvicinandosi e accerchiandomi, a chiedermi cosa ci sia scritto, dico che è uno dei 99 nomi che le Scritture conferiscono a Dio, vogliono che specifico, spiego "Dio conosce tutto", evito Dio è grande, lo dicono loro, rispondo di no. 
Mi sale in mente Karl Marx, 
"La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l'oppio dei popoli."
Come si può pensare di fare tutto questo in nome di Dio? 
Come si può pensare che ci sia un Dio mio e un Dio tuo? 
Come si può essere tanto all'avanguardia nelle tecnologie e ricchi e potenti e poi ragionare peggio del Medioevo?

Intanto non so dove sia il mio telefonino. 
Ma sia la stronza che altri due agenti stanno letteralmente buttando per aria tutta la mia roba. Vestiti, oggetti, scarpe, le mie carte  di credito, bancomat o postepay e documenti tirate fuori dal portacarte e gettate su un tavolaccio di metallo. Passano davvero al setaccio tutto. Ho un diavolo per capello, mi limito a smorfie di dissenso e di disgusto mentre ho l'energumeno in divisa marrone da un lato e un suo collega con fucile d'assalto dall'altro. 

Adesso ogni volta che la stronza mi pone delle domande va a consultarsi con la donna in borghese e ritorna a chiedere cose sempre più strane. 
Addirittura su come si insegna educazione fisica a scuola, come insegno a correre ai ragazzini.  

Dopo un po' mi fanno rivestire. 
C'è un andirivieni di agenti con la mia roba in mano. 
Sono certi, hanno beccato uno pericoloso, un terrorista, un sovversivo, uno che si sta convertendo all'Islam se già non lo è. 
Sono confusi dalla catenina con ciondoli Cristiani al collo e il tatuaggio della croce. 

Proprio quando credo che con handala me la sia "scappottata", la stronza torna con il mio telefono mostrandomi una foto in cui io sotto a un murales del famoso fumetto palestinese mostro il mio tattoo identico. 
"Cazzo!" Penso. Questo ora è più pericoloso di Allah il Saggio. 
Ride la giovane stronza. 
Le si legge in viso tutta la sua soddisfazione per aver scovato un pericoloso criminale. 
Addirittura, trovando la foto ricordo di mio padre defunto, ritiene sia un Palestinese e successivamente sarà convinta che io sia per metà arabo. 
A questo punto alzo la maglietta e strappo il cerotto, "ecco" e mostro il tattoo di handala.

Giuro che da questo momento in poi sono nella merda più totale, senza aiuto alcuno, da nessuno, men che meno dalla mia ambasciata, in pieno deserto nella terra di nessuno, perché di fatto sono uscito dalla Giordania ma non sono entrato in Israele. 
Mi urlano di sedermi. 
Ho sete. 
Devo andare in bagno. 
Ho mal di stomaco. 
Sono sudato come se avessi fatto una doccia. 
I miei effetti personali sono maltrattati, controllati e buttati come pezze vecchie. 
Gli agenti marroni aspettano l'ok per il mio arresto. 
La stronza apre la mia agenda e spulcia ogni pagina, ogni scontrino, ogni appunto. 
Il mio telefonino è nelle loro mani. Ogni foto. Ogni messaggino di testo. Ogni numero. Le ultime telefonate fatte e ricevute. 
"Chi è habibi?" mi chiedono "tu parli l'arabo", rispondo che ho appreso qualche parolina e che habibi avendo un significato d'amore l'ho utilizzato per una donna. "Chi è Ali?", non credono sia una ragazza di nome Alice, è un musulmano per loro. 
Inizio a sbottare. "Chiamate e controllate, mi avete stufato". Mi intimano di sedermi e stare tranquillo. 
Non ci sto. 
Inizio a rispondere a tono ad ogni assurdità. 
Perché ho fotografato Hebron, il mercato, il Tempio e i militari, rispondo che l'ho fatto perché mi fa schifo tutto quello che ho visto. 
Perché è assurdo. 

Tra gli oggetti trovano e buttano con disprezzo il braccialetto palestinese che ebbi dal bimbo di Hebron, un magnete con handala raffigurata e una kufiah. 
Trovano due indirizzi scritti in arabo, mi chiedono conto, ovviamente non mi credono e fanno i loro controlli, ritengo. 
La loro attenzione ora è tutta su un bigliettino da visita di un negozio di Betlemme che vende oggettistica con raffigurata handala e la bandiera Palestinese. Tutti gli altri li buttan via. 

Tutto il tempo ogni agente in camicina bianca che si alterna con i colleghi mi guarda schifato e non rispondono a nulla. 
Dopo aver messo tutto sotto sopra, vanno via tutti tranne l'energumeno marrone e un agente in bianco che continua a setacciare nemmeno 7 kg di roba. 

La stronza dalle unghie gialle torna con la mia pennetta usb, non è capace nemmeno di aprirla, cosi mi chiede cos'è e come si apre. Rispondo "penna USB per computer, conosci?", ormai io sono spigoloso, uso una simpatia satirica, non ho più nulla da perdere e non voglio più fare il diplomatico. Mi fate schifo e ve lo faccio vedere. 
"Cosa c'è dentro questa USB?" lei chiede, "vai a vedertelo" rispondo stizzito e girandole la faccia. 
L'energumeno mi guarda sempre e io lo sfido con lo sguardo. 
La violenza psicologica di cui sono capaci non si può esprimere su due righette e non si può capire. 

Intanto la stronza ferma due ragazzi olandesi, uno di loro ha un problema al passaporto ma non ho capito di che natura. L'altro si siede vicino a me. 
Mentre lei interroga io chiedo, nel mio inglese maccheronico, al figlio dei tulipani da dove vengono e come si chiamano. Solite domandine che in Italia ci insegnano in terza elementare. 
Lei mi guarda e fa una smorfia come a dire "bravo, mo che ti piglio".

Finisce con l'olandese volante e torna da me a chiedermi non ricordo bene cosa, le chiedo dove sia Rafael e di parlarmi piano e lei si infuria e dice di avermi visto parlare inglese con il ragazzo poco prima e poi con lei fare finta di non comprendere. 
Qui la mia pazienza va a farsi benedire, l'apostrofo come stupida e le chiedo se per lei sapere due domande a memoria sia parlare una lingua. 

Mi sequestrano passaporto e telefono, mentre mi invitano a rimettermi da solo tutti i miei effetti personali a posto e vanno via, energumeno escluso. Lui dice al collega armato che può andare, a quanto sembra qui non si trova nulla. 

Mentre con animo abbattuto per le violenze subite cerco di venire a capo di tutti i miei effetti personali buttati in conchettine di plastica (come quelle del controllo aeroporti, ben 16!!!) arriva la donna in borghese che mi invita con tono altezzoso e infastidito a sbrigarmi che lei non ha tempo da perdere, azz! Lei? 
In italiano dico "ah! devo anche fare subito?", lei si volta e ripete "si devi fare subito". 
Me ne sbatto tre palle e mi sistemo la borsa, tra l'altro anche smontata, con calma e per bene, nonostante non riesca più a dividere intimo pulito da intimo sporco. 

Passa un ragazzo americano e viene fermato anche lui. 
Intanto ritorna la donna in borghese e mi invita a prendere tutto e a seguirla. 
Mi fa lasciare zaino, sacco a pelo aperto (non riuscivo più a chiuderlo tra sudore, caldo, sete e cagarella) e vaso che mi han regalato i giordani in un box fuori la porta del suo ufficio. 
Entriamo e mi fa accomodare, sbotto dicendo che finalmente mi facevano stare dove si respirava. 
Siamo seduti alla sua scrivania, mi guarda fissandomi negli occhi e mi dice "ciao Fabrizio io sono dei servizi segreti, ti prego di essere sincero con me", chiedo Rafael e lei mi dice che arriverà ma vuole che iniziamo. E certo fra poco ci sarà lo Shabbat e vuole andar via, stronzi. 

Intanto il traduttore arriva e si pone nel mezzo. Inizia l'ennesimo interrogatorio della giornata. Aiuto! 

Riprendendo tutto ma proprio tutto da capo le spiego che sono in viaggio per visitare entrambe le due Nazioni, Giordania e Israele (mi pesa dire questo nome, loro non hanno diritto alcuno per me ad occupare quella che è la Palestina), come fanno tantissimi miei connazionali, questo perché i luoghi di Gesù sono divisi tra le due sponde del giordano e poi una volta  arrivato, qui c'è la famosissima Petra da visitare. 
Lei è molto calma e sembra capire le cose. 
Spesso mi ferma, vuole che io risponda solo alle sue domande. 
Il punto è capire perché sono stato svariati giorni a Nablus, perché ho due bigliettini con indirizzi scritti in arabo, perché del bigliettino del negozio di souvenir, perché nel telefonino ho tra le ricerche di internet il nome di una donna italiana a loro poco gradita e soprattutto i miei tatuaggi. 

Mi chiede il telefono e le rispondo che non è in mio possesso. Ordina a Rafael di andare a prenderlo. 

... to be continued ...

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