La città d'argento... Argirocastro!!!



L'estate volge al termine e troviamo finalmente il tempo di completare il nostro viaggio ad Est ma non troppo. 
Ricordando l'avventura più affascinante della nostra estate estenuante. 

10° giorno

Il risveglio nella grande stanza ad Argirocastro lascia presagire che la giornata sarà migliore di ieri. Il colpo di calore che mi aveva fatto rallentare sembra passato e una sostanziosa colazione è quello che ci vuole. Saliamo al piano superiore  dove un’altra coppia di turisti assaggia le prelibatezze tra cui l’immancabile glikò. La nostra attenzione, però, stamattina è rapita dal burro, presentato in una elegante coppetta di vetro, con piedini deliziosi... una presentazione eccezionale per un prodotto dal sapore unico. Al bis del pane tostato seguirà il tris e via immaginando... Panza mia fatti capanna!

Come da consuetudine albanese colazione ricca e abbondante.

Argirocastro è bella, piena di negozietti tipici addormentati a valle del castello. Da  cui si gode una bella vista e si può scoprire la leggenda della donna che dà il nome al luogo.
Si tratta del mito di Argyro, una bellissima principessa che preferì morire piuttosto che finire in un harem turco, e così, durante una delle incursioni, si gettò dalla torre più alta del proprio castello con in braccio il suo bimbo nato da poco. Questa giovane madre morì mentre suo figlio si salvó. Nel luogo dove cadde la giovane Argyro nacque una pianta che caccia ancora oggi una linfa bianca che sembra latte, con la quale si nutrì il bambino.



Per commemorare il gesto nobile e coraggioso, gli albanesi dettero il suo nome ad una delle loro città. Eccola dunque Gjirokastra, la “Fortezza Argentata” che, costruita su una collinetta di circa 300 metri, domina la vallata sottostante, racchiusa tra i monti Mah i Gjerë e il fiume Drinos.
Questa è l’unica in tutta la Penisola Balcanica che ancora oggi ha conservato una città vecchia di più di 500 anni ed un castello completamente visitabile risalente alla dominazione ottomana. Sia il castello che le case sono costruiti totalmente in pietra e il colore, soprattutto dopo la pioggia, ricorda l’argento. Oggi il sole che si riflette sui tetti e sul lastricato dei vicoli rende benissimo l’idea del posto in cui ci troviamo. Nel 2005 l’Unesco l’ha dichiarata patrimonio dell’umanità.






Mentre ci inerpichiamo lungo la strada lastricata che risplende sotto i raggi del sole, la nostra attenzione è rapita da donne, più o meno giovani, che sedute sotto un triangolo di ombra, offrono i loro prodotti ai turisti: tovaglie e centrini ricamati all’uncinetto, miele, marmellate e il nostro amato glikò. Compriamo da una anziana vestita di nero, molto magra, che in un italiano stentato ma efficace ci dice che il Governo non le dà la pensione e lei per vivere ha bisogno di vendere i suoi manufatti. Alla fine, però, dopo una foto e un saluto caloroso con tanto di baci, fa anche un piccolo sconto e regala a zavorrina un centrino rosa. 



Pochi metri ed è la volta di un’altra donna, sempre vestita di nero, ma questa volta più fine e spigliata: parla inglese e alla nostra sorpresa, risponde sicura che lo ha imparato per poter comunicare con chi non è del posto. I suoi modi sono eleganti e ricorda per la bianca capigliatura ordinata, Liliana Segre, senatrice a vita, sopravvissuta ad Auschwitz. (Liliana non ce ne volere!!!). Da lei compriamo due minuscoli vasetti di marmellata e glikò, anche se non sappiamo dove trovare lo spazio nella moto che ormai è zeppa zeppa.



Il Castello di Argirocastro, una delle strutture meglio conservate di tutta l’Albania, è stato costruito nel XII secolo ma completamente ristrutturato nel corso del XIX secolo, questo ci permette di visitare una struttura in perfette condizioni.
Si sono susseguiti diversi popoli dominatori come Visigoti, Unni, Ostrogoti e Normanni nel corso dei secoli. 
Ali Pasha di Tepelene lo ha fatto ristrutturare nel 1812.



Oggi il castello possiede cinque torri, una torre dell’orologio, una chiesa, fontane d’acqua, scuderie e molti altri servizi. Contiene un museo militare con artiglieria e cimeli. In particolare, svoltando a sinistra dall’ingresso principale del castello, possiamo ammirare una lunga galleria fiancheggiata da pezzi di artiglieria. Tutti questi cannoni furono abbandonati dalle forze di occupazione italiane e tedesche durante la seconda guerra mondiale. All’interno di questa galleria c’è una anche una piccola cisterna italiana costruita dalla Fiat.




Nel cortile esterno quello che resta di un aereo dell’aeronautica militare americana fa bella mostra di sé, per commemorare la lotta del regime comunista contro la potenza di oltreoceano.




Dietro alla storia di questo aereo ci sono state le versioni contrastanti degli USA e del regime comunista, ma la verità è molto più semplice e banale.
La versione Americana narrava nel 1958 che il velivolo doveva raggiungere Napoli dalla Francia e a metà cammino, per colpa di una pesante nebbia, ha perso la rotta finendo in Albania dove ha chiesto un atterraggio di emergenza per mancanza carburante venendo catturato.
La versione del regime comunista Albanese affidata a radio Tirana fu che l'esercito aveva catturato un aereo spia.
La realtà, invece, è che nel dicembre 1957 questo velivolo cadde a Tirana mentre era in ricognizione, il pilota venne aiutato e spedito a casa sua negli USA e i resti del mezzo rimasero lie successivamente portati nel castello di Gijrokaster.

Argirocastro va visitata a piedi per poterne apprezzare l’anima. Iniziamo a camminare tra case in pietra, mura e ruderi ricoperti dai rampicanti. 




Proprio nel cuore della città vecchia raggiungiamo “casa Skenduli”, una delle celebri case storiche di Argirocastro, datata al 1700 e tuttora perfettamente conservata con il tipico arredamento in stile ottomano.
Siamo accolti da un giovane che parla fluentemente inglese e ci racconta della famiglia Skenduli, mentre ci mostra gli ambienti della casa e ci spiega come vivevano gli abitanti.
Da qualche anno è diventata una casa museo. 


Siamo rapiti da questa grande casa, dove c'è il piano inferiore invernale e quello superiore estivo; in ogni stanza, o quasi, esiste un camino in stile ottomano. Gli ambienti sono divisi per uomini e donne; ci sono hamman, cucine, camere da letto, saloni per riunirsi e un terrazzo in legno dove le anziane amavano chiacchierare facendo l'uncinetto. 



La sorpresa finale è la sala dei grandi festeggiamenti, tipo i matrimoni; il camino con decorazioni, i tendaggi più raffinati, cuscini e sedute, tutto molto più curato. La stanza è davvero bella, su un tavolino ci sono delle caramelle che il ragazzo offre. Chiediamo di fotografarci nella sala, come abbiamo fatto nelle altre stanze, ma il ragazzo, uno Skenduli, ci dice che suo nonno, il proprietario, non vuole che si fotografi questa sala.





Sotto un caldo afoso andiamo su e giù per le salite del centro della città d'argento fino a fermarci dove ci sono botteghe artigiane di legno intagliato o di pietra. Mentre zavorrina, da donna, viene rapita dal piccolo shopping, io da uomo vengo rapito da un bar dove assaggio una delle creme di caffè migliori che abbia mai provato! 



I nostri occhi sono rapiti da un artigiano che imprime la sua Albania su pietre di arenaria, un Paese fatto di brave persone che stanno cercando con fatica e onestà di creare una nuova Nazione. 



Dopo aver girato per Argirocastro, dove lasciamo il cuore, riprendiamo la strada. 
30 km al confine.



Benzina e formalità doganali. 
Gli agenti albanesi ci salutano cordialmente e il robusto e pelato agente greco ci accoglie calorosamente, redarguendoci scherzosamente sul fatto che abbiamo una tre cindri inglese e non una Moto Guzzi italiana. 

Finalmente Grecia!



Costeggiano il lago di Ioannina e osservando la cittadina sdraiata sull'acqua notiamo anche tantissimi apiari nello stile del nomadismo. 



Siamo felicissimi e ridiamo e cantiamo mentre le ruote rotolano sull'asfalto greco. 
I cartelli stradali scritti con i caratteri di Aristotele ci accolgono in un tramonto di rara bellezza: ci fermiamo per uno scatto al volo e per chiedere informazioni sull’uscita autostradale a un simpatico signore greco che pur senza parlare una parola di inglese si fa capire! 





Proseguiamo sempre più emozionati: la conclusione del viaggio sotto i monti che ospitano il complesso dei monasteri ortodossi alle Meteore è proprio l’obiettivo che avevamo in mente già la prima sera nel traghetto che ci ha portato a Dubrovnick e finalmente, ora ci siamo.
 O così crediamo. 
In realtà ci aspettano 28 km nel nulla, su una strada dove per 28 km non incontriamo nessuno. Neppure un quadrupede. Manco un cane, insomma e non è un modo di dire! Si tratta della vecchia strada che porta a Kalambaka, il comune in cui si trovano i monasteri, non più percorsa perché sostituita dall’ autostrada. Le indicazioni però non sono chiarissime e neppure google maps ci viene in soccorso, perciò temendo di allungare il percorso, usciamo un po' prima, a Metsovo, temendo non ci sia l'uscita a Malakasi; di fatto quindi allunghiamo i tempi e invece di percorrere comodamente l'autostrada che ci avrebbe condotti dritti dritti sulla strada per le meteore, percorriamo appunto la vecchia strada piena di curve ma completamente isolata, 28 km così...
E’ buio pesto ed è una sensazione straniante essere completamente da soli in una strada che attraversa un bosco, con alberi altissimi. Le prime e uniche tracce di vita umana a un paio di kilometri dall’arrivo, quando già le luci della “civiltà” ci strizzano l’occhio: il sempre invocato cane, che ci guarda allucinato mentre sonnecchia al bordo della strada e un camion con due uomini dentro, pronti a segare la legna, l’indomani. 
Arriviamo a Kalambaka a sera inoltrata e rapiti dalle rocce che spuntano dietro il cielo blu scuro, non facciamo caso al fatto che in Grecia il fuso orario ci ruba un’ora.


Ce ne accorgeremo solo a cena, seduti presso la prima taverna che, pur essendo scopertamente turistica, promette cibi tipici tra cui la moussaka e il souvlaki. Abbiamo fame e voglia di sederci, di toglierci i caschi. In verità, abbiamo mangiato meglio in Albania, ma un solerte cameriere si fa perdonare questa pecca: è tardi e non abbiamo un posto dove andare a dormire. Gli alberghi, che pure non hanno prezzi elevati, ci sembrano costosissimi dopo l’Albania. Decidiamo di chiedere al ragazzo se per caso non sappia di qualcuno che abbia un posto per una notte. Detto fatto: in un b&b di una sua amica si è liberata una stanza, la più bella, che affaccia proprio sulle meteore. Riusciamo finanche a contrattare il prezzo: del resto, non sta volgendo a termine solo la vacanza, ma, ahinoi!, anche i quattrini divisi in maniera certosina per ogni tappa. Una super offerta per una stanza davvero bella, elegante e raffinata, con tanto di camino e  un balcone largo e comodo proprio difronte le rocce immense, la suite della struttura. Il tempo di una doccia e crolliamo, non prima di aggiornare gli orologi sul fuso greco.




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