Le novemila stradine di Fes el Bali

~ VII giorno ~

Siamo nella parte settentrionale del Marocco, la città imperiale di Fez, che è la vera roccaforte della cultura e dell'identità del Paese, all’interno di una fertile valle incastonata tra le colline del Maghreb. 
La città si divide in due: Fes el-Jedid, la città nuova con la forte impronta francese e Fes el-Bali, ovvero la Medina. La parte murata più antica di Fes è un labirinto di oltre novemila stradine, con mercati di ogni tipo, dai tappeti agli oggetti in ottone, dalla ceramica ai tessuti e alla pelle, dove le merci vengono ancora trasportate a dorso d’asino. E noi oggi vogliamo andare proprio alla ricerca di questi artigiani: ogni strada ha le sue specialità. 

È quasi ovvio che il primo pensiero è dirigersi alle famose concerie di questa capitale fondata della dinastia Idrisid tra il 789 e il 808. 
Il quartiere delle concerie medievali di Fez è un luogo da non perdere. Nella più grande e antica al mondo, sono impiegati ancora i processi utilizzati nel XVI secolo per trattare le pelli di mucca, cammello, pecora e capra.

I conciatori, perlopiù scalzi, mentre lavorano e si muovono velocemente e con precisione, sembra danzino tra le vasche, con le gambe nude colorate dai pigmenti multicolori che utilizzano: il giallo curcuma, il blu indaco, il verde menta.

Puliscono le pelli, le ammorbidiscono, le colorano e infine le stendono ad asciugare. Il processo di trasformazione è lungo e articolato. 
L'odore nauseabondo è forte, lo contrastiamo con foglie di menta che portiamo di tanto in tanto sotto le narici.

Assistiamo al metodo per ammorbidire le pelli che risulta essere ancora opera delle braccia dell'uomo, nessun macchinario... solo muscoli e sudore. 

Non possiamo non acquistare uno zainetto fatto con pelle di cammello prima di  continuare il giro della Medina di Fes el Bali...

L'antica moschea di Karaouiyne, inglobata nella omonima università, è una delle più antiche del mondo musulmano occidentale, essendo stata costruita nel cuore della Medina di Fez nell’859. Questa Moschea è il risultato di secoli di lavori ordinati da ogni sultano che si è succeduto, anche se l'influenza della dinastia dei Merinidi vissuti nel 1200 è molto forte. Con le sue sedici navate ricorda la Mezquita di Cordoba. 

In questo imponente edificio, il cortile a cielo aperto con la grande fontana al centro e una fontana minore ad ogni lato, più la sala di preghiera decorata con stucchi e kufic, l’antica forma calligrafica araba, sono i punti caratteristici. Purtroppo i non musulmani non possono entrare e a noi resta goderci i quattro ingressi, che mostrano portoni decorati, sperando di poter sbirciare dall'esterno. 

Vagando per le stradine strettissime di Fes, alcune larghe solamente 60 centimetri, sbuchiamo a piazza Seffarine.

Una piccola piazza inglobata tra il souk dei tintori e quello dei conciatori. 
È un'incantevole piazzetta dove il rumore dei lavoratori di metallo rimbomba tutt'intorno ad un albero. 

Già, perché in piazza Seffarine si preserva uno dei mestieri più antichi di Fès: gli artigiani si dedicano alla lavorazione del rame e dell'ottone da tempo immemorabile, producendo articoli come teiere, vassoi, pentole e altri contenitori. È affascinante osservare i vari artigiani modellare i metalli, componendo quasi una melodia rock con i loro martelli. 

Sbirciamo un po' la Medersa Cherratine mentre chiediamo informazioni all'ingresso, dopo aver visitato quella di Marrakech, le altre scuole coraniche ci sembrano inferiori. 

Saliamo su un terrazzo e ci godiamo la vista dall'alto, la montagna che protegge la città fa da contorno ai minareti delle moschee e ai tetti della Zaouia Sidi Ahmed Tijani, il mausoleo del fondatore di Fes. 

Sullo sfondo, la moschea Andalusa, appunto nella Medina Andalusa, dove vennero di fatto ghettizzati i mori cacciati dalla Spagna, provenienti da Cordoba, Sevilla, Granada. Il quartiere si trova al di là del fiume Bou Khrareb, che continua a scorrere sotto la medina. 

Nel souk Attarine, quello di spezie e profumi, continuiamo gli acquisti.
È impossibile resistere!
Ci attira un tavolino da giardino fatto di zellige e non possiamo nemmeno posarci lo sguardo sopra che subito provano ad appiopparcelo. Fatto sta che il mercante propone la sua mega offerta di 1200 dh, circa 120 euro, e pretende la mia offerta... Ok... 20 euro, ti vanno bene? 
Troppo poco mi dice. Beh... Non ha tutti i torti... Ma comunque nel tira e molla infinito ce lo vende per 30 euro!!! 
Azz... E mo dove lo mettiamo? 

In più, poiché domani è venerdì, ci invita a mangiare cous cous con la sua famiglia. 
Decliniamo l'invito a malincuore, ma domani si va altrove... Chissà dove andremo! Peccato, sarebbe stato bello assistere a una festa dall'interno. E poi, Jawad, l'onesto venditore, sembra davvero una brava persona quando ci parla dei suoi figli, dei sogni che ha per loro. E quando dice che il ricavato da questa vendita è per lui davvero scarso, ma è ugualmente contento, perché sa di aver reso felice una persona che ha inizialmente pensato fosse marocchina.
In effetti, anche a Marrakech, ma soprattutto a Fez, sono diversi coloro che pensano Lu sia marocchina! 
Lo stesso accadeva in Turchia con i Turchi. In Germania invece le davano della spagnola. 
Insomma, nessuno pare credere che sia una cittadina della Repubblica....delle banane!

C'è ancora tempo per un frullatone fresco di frutta e per andare a Piazzetta Nejjarine, altra chicca di Fes. La piazza è famosa per il Fondouk, ovvero una locanda dove i mercanti di passaggio potevano trovare ristoro e alloggiare durante i loro viaggi in città nel 1700. 

Al piano superiore si trovavano le stanze dove i mercanti pernottavano, mentre il pianterreno era il luogo dove concludevano i loro affari.
Questo edificio storico, dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco, ospita il Museo dell'artigianato ligneo, che risulta gradevole da visitare particolarmente per gli interni del palazzo. Noi ci passiamo un po' di tempo dentro. 

Uscendo troviamo una scolaresca composta da bimbi marocchini, presumibilmente in gita, che cantano e ballano nella piazzetta. 

Siamo ormai stanchi e ci dirigiamo verso Bab Bou Jeloud, il centro della vita. 
Intanto gli stomaci brontolano un pochetto. Per fermarci optiamo sempre per una delle mille terrazze della Medina. 
Saliamo su una terrazza per mangiare qualcosina con una buona vista sulla famosa porta blu. 
Come appena arriva quello che scegliamo per tamponare le gole fino a cena, uno dei numerosissimi gatti sparsi per Fez, in realtà per tutto il Marocco, si sveglia e decide che Fab è il suo migliore amico, fino a salirgli sulle cosce nonostante fosse stato più volte redarguito. 

Ci rituffiamo nel gomitolo di viette, alcune con i muri molto colorati, altre colorate dall'innumerevole mercanzia e dai tanti visi che camminano o stazionano ai lati. 

Riusciamo ad individuare finalmente la Medrassa Bou Inania in una delle due parallele che attraversano l'intera Medina, Talaa Kebira. 

La Medrassa è chiusa perché è orario di preghiera e noi cerchiamo il famoso carillon ancora funzionante. 
Alla fine, capiremo che è sopra la nostra testa, il Dar al-Magna, l'orologio ad acqua, ma il carillon se lo sono portati via già da qualche anno.
Fantozzismo! 

Abbiamo bisogno di un'oretta di riposo e raggiungiamo il nostro Riad da favola. La stanchezza incalza.

La sera usciamo per un ultimo giro e optiamo per la medina Andalusa. 
Non ci sentiamo proprio in forma stasera. 
Diamo colpa al caldo e al tanto camminare. 

Scendiamo fino a Bab Rcif e scopriamo un mondo in forte fermento, tipo sagra di paese. Ci sono le giostrine, una marea di gente che evitiamo il più possibile, venditori di datteri, frutta secca, e altre leccornie. 

Noi ci si inerpica su per le viuzze della Medina Andalusia, la più autentica, fino a raggiungere la moschea.

Al ritorno ci perdiamo letteralmente tra le mille viuzze della Medina el-Bali, ma alla fine riusciamo a sbucare in Talaa Sghira, la parallela per il nostro Riad e l'hammam di ieri sera. 

Prendiamo una manciata di dolci tipici, fermandoci dall'unico che li vende all'interno e chiusi nelle vetrine; il resto per le stradine li tiene all'aperto e sono letteralmente invasi dalle api per via del miele di cui sono ricchi. Certo, noi adoriamo le api e conosciamo la loro nobile vita, ma non riusciamo a comprare un dolcino invaso da insetti. 
La cena decidiamo di farla da Abdoul, due shawarma e due bibite più i nostri dolcetti. Di fianco venditori di arance fortemente... arancioni.
La giornata volge al termine come il tempo che abbiamo dedicato a questa sorprendente città imperiale. Domattina il viaggio continuerà per portarci in un'altra perla del Paese. Le valigie sono pronte e a noi dispiace salutare i nostri nuovi amici. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Portare dentro quei sorrisi, le parole, gli sguardi, i visi ... Arrivederci Cuba!

Sincretismo e trasporti

Ciao Povery